Non si finisce mai di citare Noam Chomsky
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
In questi anni molti oppositori politici (o critici dei partiti al potere o del sistema in generale) si sono dichiarati perseguitati, nonostante le accuse rivolte loro fossero generalmente di natura economico-patrimoniale e non prettamente inerenti alle loro azioni o alle loro dichiarazioni pubbliche. Pensiamo, ad esempio, alla multa per evasione fiscale comminata all’artista cinese Ai Weiwei.
Senza entrare nel merito di accuse, sentenze e indipendenza o meno della magistratura (visti anche i recenti scandali italiani), ci ha urticato parecchio la differenza nel trattamento dei casi di Aleksej Anatol’evič Naval’nyj e di Julian Assange. O dei prigionieri politici turchi, degli assassini mirati del Mossad e così via.
Partiamo dalla Turchia. Mentre l’Italia s’indigna perché il Presidente Erdoğan non avrebbe offerto una sedia alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen – ma Ankara precisa che si è trattato di questioni di protocollo e che, visto il suo ruolo nella UE, era stata posizionata di fronte al Ministro degli Esteri turco, mentre Charles Michel, in quanto Presidente del Consiglio Europeo, era accanto al leader turco. Ebbene, di fronte a tanto sdegno per un divano invece di una sedia (che, ironia della sorte, potrebbe apparire ben più scomoda), non abbiamo percepito altrettanta indignazione per le motivazioni che portavano von der Leyen e Michel ad Ankara. Ossia “una intensificazione degli scambi e altri fondi europei alla Turchia per la gestione dei flussi migratori” (Editorialedomani.it) – il che, tradotto in parole povere, significa pagare la Turchia perché continui a fare ‘il lavoro sporco’ tenendo i migranti economici e i rifugiati politici lontani dall’Europa. E non ci sembra nemmeno che lo sciopero della fame portato avanti in Turchia da centinaia di uomini e donne che si dichiarano detenuti politici, così come le accuse di violenze subite durante la carcerazione, abbiano scosso le nostre coscienze europee o, ancora, che lo abbia fatto il caso dell’esponente dell’Hdp (il Partito Democratico dei Popoli che unisce forze filo-curde e di sinistra turche), Selahattin Demirtaş, in carcere dal 2016, nonostante una condanna per comportamento antidemocratico rivolta alla Turchia dalla Corte europea per i diritti umani (https://www.articolo21.org/2021/03/turchia-nuovo-schiaffo-alleuropa-kavala-e-demirtas-restano-in-carcere/). Ma per i mass media e l’opinione pubblica europea sembra contare solamente che una donna si sia seduta su un divano, invece che su una sedia, mentre contrattava un miliardo e oltre di euro per ‘gestire i traffici migratori’ – con un uomo.
Allo stesso modo, nonostante Julian Assange sia forse la punta di diamante del giornalismo mondiale per aver denunciato i crimini di guerra statunitensi e aver così rispettato e dato valore al principio base del nostro lavoro di giornalisti, ossia cercare sempre la verità e renderla pubblica a ogni costo, ecco che lo stesso da dieci anni subisce una vera e propria forma di persecuzione, una “tortura psicologica e fisica – come Nils Melzer, l’Incaricato Speciale sulla Tortura delle Nazioni Unite ha pubblicamente denunciato” da parte dei paladini della libertà, leggasi gli Stati Uniti d’America e i Paesi che li aiutano. Ma non solo. L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (CdE), il 28 gennaio ha approvato la Risoluzione 2317 in cui chiede il “rilascio immediato di Julian Assange, ai sensi della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”. Nonostante ciò, Assange continua a essere recluso nel Regno Unito con l’unica giustificazione di evitare che possa, eventualmente, sottrarsi all’estradizione nel caso il Regno Unito dovesse accogliere la richiesta statunitense. In pratica, è detenuto non per aver commesso un reato su suolo britannico ma per l’assunzione che potrebbe farlo. Allo stesso modo, si potrebbero incarcerare – teorizziamo – decine di migliaia di cittadini in tutta Europa. Eppure nessuno pensa di applicare sanzioni contro il Regno Unito né tanto meno gli Usa, colpevoli di reati ben più gravi come dimostrano il video Collateral Murder (https://youtu.be/Zok8yMxXEwk) e i documenti pubblicati da Wikileaks.
E adesso veniamo ad Aleksej Anatol’evič Naval’nyj, accusato e condannato per frode, ‘avvelenato’ dal Cremlino. Ora, a parte che ci pare strano che i servizi segreti russi (un tempo KGB) possano lasciar andare in Germania, senza ostacoli, un target di avvelenamento. Questo anche considerato il fatto che, se si vuole fare sparire un ‘nemico’ – vero o presunto che sia – esistono mezzi molto più efficaci. Pensiamo agli omicidi mirati del servizio segreto israeliano, il Mossad – mai smentiti né confermati – che nessuno sembra reputare illegali né considerare lo Stato che li autorizza ‘canaglia’ o con altri appellativi ai quali ci ha abituati la politica in questi anni. Eppure tali assassini dovrebbero essere contrari ai diritti umani più basilari, non garantendo, ad esempio, il diritto alla difesa dell’imputato (e infatti, un tempo il Mossad rapiva i criminali nazisti per sottoporli a un processo – più o meno equo – in Israele, come capitò ad Adolf Eichmann, mantenendo un certo grado di legittimità). Per non parlare di Mordechai Vanunu, l’uomo che ebbe il coraggio di denunciare la presenza di armi nucleari nello Stato di Israele e, per questo, fu rapito dal Mossad durante la sua permanenza su suolo italiano, riportato in Israele, processato e condannato a 18 anni di carcere. Ora, che il Presidente Putin, eletto con il 76,69% dei voti (piaccia o meno all’Europa e ai suoi oppositori interni o esteri), prima, faccia avvelenare Naval’nyj; poi, non si assicuri che il veleno agisca (ad Arafat parrebbe che andò peggio e non c’entrava certamente Putin, https://www.ilpost.it/2013/11/07/morte-arafat-polonio/); e infine, permetta persino alla vittima di andare in Germania a farsi curare e diagnosticare il presunto avvelenamento appare un’ipotesi di fantasatira più che di fantapolitica.
Mentre l’economia europea agonizza in attesa di un vaccino sicuro in quantitativi tali da risolvere il problema di anziani, vecchi e malati, continuiamo a fare la guerra allo Sputnik V e alla Russia, e intanto ‘teniamo in gabbia Assange e preoccupiamoci di dare una sedia a una signora che firma chèque per evitare che dei pezzenti africani mettano i piedi sul lindo suolo europeo!’.
Venerdì, 23 aprile 2021
In copertina: Julian Assange. Foto di Caitlin Johnstone da Pixabay.