Teatri occupati e Legge sulla Sicurezza Globale. Il racconto in diretta di Valentina Fago e Amandine Thiriet
di Simona Maria Frigerio
Parigi, 20 marzo 2021. La Legge sulla Sicurezza Globale è stata approvata dal Senato poche ore fa con 238 voti a favore e 98 contro. E oggi stesso “l’Odéon in lotta ha indetto immediatamente una manifestazione per opporsi a questa legge ignobile”, ci racconta Valentina Fago da Parigi.
Dopo la Spagna – e mentre continuiamo a occuparci di Grecia – abbiamo contattato Valentina Fago, attrice e direttrice artistica della Classe Préparatoire Egalité des Chances della MC93/Bobigny, per farci spiegare – da chi conosce e vive la situazione in prima persona – cosa stia accadendo in Francia, tra manifestazioni a favore delle libertà civili e teatri occupati. Lei e Amandine Thiriet, cantante e militante del collettivo Matermittentes/diritti delle donne artiste in gravidanza, non solamente ci annunciano in anteprima la manifestazione di oggi ma da loro apprendiamo altresì che a “dar fuoco alle polveri”, a inizio marzo, è stata l’affermazione del Primo Ministro Jean Castex, rivolta agli intermittenti e precari francesi, di andare a: “fare un giretto in Germania e Italia e vedere come sono trattati laggiù”. E scopriamo che Oltralpe – patria dello stato sociale – la salute non è un diritto inalienabile, come da noi, se “per avere diritto alla sanità bisogna avere un minimo di giornate lavorative l’anno, altrimenti si passa in fascia ‘caso sociale’ e si ha una copertura minima”.
Potete spiegare ai nostri lettori come funziona attualmente il sistema degli intermittenti e quali categorie protegge?
Valentina Fago e Amandine Thiriet: «L’intermittenza dello spettacolo è un regime specifico di protezione sociale incluso nel Regime Generale della disoccupazione, l’Assurance Chômage. Il sistema dell’Assurance Chômage – così come quello della sanità pubblica, delle ferie retribuite, dei diritti alla formazione e altri diritti sociali dei lavoratori che divennero altrettante ‘casse’ contributive – fu creato dai governi del Dopoguerra alla fine degli anni 40 e fu il frutto della riflessione politica e sociale del Consiglio Generale della Resistenza. Inizialmente esito delle lotte sindacali dei lavoratori del cinema (una prima fase delle lotte risale addirittuta agli anni 30), l’intermittenza fu estesa a tutto l’audiovisivo alla fine degli anni 50 e all’intero settore dello spettacolo nel ‘68. Un intermittente dello spettacolo è un artista o tecnico professionista che cumula, nello stesso mese, salario e protezione sociale (disoccupazione). Si rientra nel regime dell’intermittenza avendo accumulato 507 ore lavorative che corrispondono, in media, a 50 giornate (i criteri di accesso sono diversi per gli artisti e i tecnici) nell’arco di 12 mesi. L’ultimo contratto che sancisce l’acquisizione delle ore diventerà la data di anniversaire per l’anno successivo e dà la possibilità di 12 mesi di indennizzo per il lavoratore. Il montante dell’allocation (ossia l’indennizzo) si calcola, tra le altre modalità, sulla base della media dei cachet percepiti nell’anno e su dei divisori standard. Come specificato, il lavoratore cumulerà ogni mese stipendio e indennizzo e dichiarerà – sempre mensilmente – le giornate lavorate, che gli saranno sottratte dal Pole Emploi (la struttura statale che gestisce l’occupazione e la disoccupazione), incaricato di versargli la differenza. L’indenizzo mensile vale come una busta paga: vi sono compresi gli stessi contributi (pensione, formazione, sanità, eccetera) che, in ogni busta paga, sono fiscalizzati. Fanno parte degli aventi diritto all’intermittenza tutti i lavoratori (artisti e tecnici) dello spettacolo dal vivo, cinema, danza e musica, eccetto autori e sceneggiatori. In Francia ci sono circa 300.000 intermittent, di cui solo 150.000 hanno le condizioni per accedere ai loro diritti annuali. Gli altri sono o lavoratori che hanno due occupazioni e ogni tanto fanno prestazioni come intermittenti e che, quindi, non raggiungono le 507 ore richieste, oppure artisti o tecnici che lavorano e guadagnano troppo superando il plafond previsto. Vorremmo altresì precisare che il sistema del lavoro francese e l’Assurance Chômage si basano sul concetto della redistribuzione delle ricchezze: in effetti, quest’ultima si alimenta grazie alle trattenute operate a tutti i lavoratori francesi, del pubblico e del privato, persino dei funzionari. In ogni busta paga c’è la voce ‘assurance chômage’. Questo concetto resta di matrice progressista e democratica».
La riforma della disoccupazione in quale modo, da luglio, avrà ricadute negative su 3 milioni di lavoratori francesi?
V. F. e A. T.: «Il governo Macron ha varato una riforma del Regime di Assurance Chômage che non riguarda gli intermittenti, ma tutte le altre categorie dei lavoratori precari e discontinui francesi. Gli intermittenti si sono sempre considerati dei precari e sono sempre stati solidali, ciclicamente, con tutte le lotte dei precari delle altre categorie – ed è anche questo il caso. La riforma – per metà già entrata in vigore poco prima dell’inizio della pandemia – prevede delle regole di accesso alla disoccupazione molto più difficili da soddisfare e riduce l’indennizzo mensile, per almeno il 20% dei lavoratori precari, di circa 300 euro al mese. Una fascia di precari si ritroverà presto con delle entrate vicine allo zero. Tale riforma entrerà definitivamente in vigore il 30 giugno 2021. Chiaramente tutti i precari che lavorano nel settore della cultura (albergatori, ristoratori, conferenzieri, donne delle pulizie, eccetera) saranno doppiamente penalizzati sia dalla pandemia sia dalla riforma».
In Francia da quanto tempo i teatri sono chiusi? Quando si prevede la loro riapertura?
V. F. e A. T.: «I teatri, i cinema e i musei (peraltro anche i bar e i ristoranti) sono chiusi da fine ottobre. Nessuna proposta concreta, al momento, di riapertura. Si parla vagamente della possibilità di fare i grandi Festival come Avignone. Nessuna data certa, solo vaghe promesse. Precisiamo che le biblioteche e le librerie, al contrario, sono rimaste aperte».
In questi mesi all’interno dei teatri si è continuato a lavorare, come in Italia, alle prove oppure sono stati chiusi anche per quanto concerne il dietro le quinte?
V. F. e A. T.: «Nei teatri stabili la maggior parte delle compagnie ha potuto continuare a provare. Naturalmente moltissimi progetti medio-piccoli, al contrario, sono stati annullati o rimandati. Durante le occupazioni, per ora, gli occupanti non hanno mai impedito lo svolgersi delle prove nei teatri occupati. Riguardo alle Scuole Nazionali di arte drammatica, regia, danza e cinema, si sono ottenute delle deroghe speciali e i corsi hanno continuato a svolgersi seppur con protocolli diversi a seconda delle strutture (gruppi al 50%, gruppi interi, corsi individuali). Il punto comune è che in scena stanno tutti senza mascherina ma fuori scena bisogna portarla».
L’estate scorsa e fino a metà ottobre circa i teatri, in Italia, sono stati riaperti (sebbene la Stagione fosse ormai conclusa). Gli stessi hanno però dovuto ottemperare a una serie di misure anti-pandemiche (inutili dato che poi sono stati nuovamente serrati). In Francia, se hanno riaperto, si sono attuate procedure similari?
V. F. e A. T.: «Sì».
In Italia al momento, a parte la difficoltà di reperire i vaccini e la chiusura, ad esempio, verso lo Sputnik V, aleggia un’aria da ‘niente sarà più come prima’. E la crisi economica che si delinea all’orizzonte non promette nulla di buono per la cultura. Oltralpe che aria si respira?
V. F. e A. T.: «In Francia siamo meno cinici e disfattisti degli italiani di oggi. Ed è un bene, perché ciò permette di alzare la voce e protestare, comunque. Peraltro la categoria dello spettacolo è molto solidale rispetto a quanto avviene in Italia, dove nei teatri vige (quasi) sempre la legge del più forte e la regola del salvaguardare i propri interessi individuali. Naturalmente la situazione non è minimamente paragonabile perché, da una parte, abbiamo un Paese che ha investito nello stato sociale per almeno settant’anni, anche se i governi neo-liberisti vicini ai poteri finanziari cercano di smantellarlo; dall’altro, abbiamo l’Italia, un Paese che non ha una politica sociale. Pare quindi normale che in Italia si instauri un processo di desolidarizzazione tra le categorie e tra gli individui più forte che in Francia».
In questi mesi i francesi hanno continuato a scendere in piazza, soprattutto riguardo alla proposta di legge sulla sicurezza globale che, tra l’altro, impedirebbe ai giornalisti di riprendere eventuali atti violenti commessi dalle forze dell’ordine durante le manifestazioni. Sembra che la Francia abbia imboccato una direzione di restrizione delle garanzie dei lavoratori e, contemporaneamente, delle libertà civili. Solo una mia impressione?
V. F. e A. T.: «Riguardo al movimento contro la legge sulla sicurezza globale, il punto era non solo quello che lei evidenzia, ma anche che la legge – durante i processi – avrebbe impedito agli avvocati di portare, e ai giudici di esaminare, i video come prove. E sappiamo benissimo che molti processi relativi a pestaggi e violenze sono stati vinti dalle vittime grazie ai video e agli audio. La Francia è un Paese dove le libertà civili restano forti, non mi pare si possa parlare di restrizioni. Persino l’attuale situazione di occupazione è tollerata senza nessun tipo di repressione. Viviamo un momento politico e sociale difficile, certo. Il governo Macron – come, in precedenza, quello Sarkozy – vuole smontare lo stato sociale e penalizza i lavoratori precari proprio nel momento storico in cui la fascia del precariato si allarga sempre di più. La pandemia ha evidenziato che il sistema è stato pensato per due estremi: da una parte, per proteggere i lavoratori a contratto a media e lunga durata che attualmente continuano a lavorare o sono in cassa integrazione, ma che riprenderanno le proprie attività normalmente alla fine della pandemia; e, dall’altra, coloro che praticano lavori modesti e molto saltuari e non hanno alcuna risorsa aggiuntiva. Costoro possono percepire l’RSA (Revenu de Solidarité Active), un fondo di protezione sociale minimo, il cui finanziamento proviene da budget regionali e da un’imposizione dell’1,1% sulle patrimoniali e gli investimenti bancari – e che ammonta a circa 500 euro mensili. Ma le condizioni per ottenere l’RSA sono restrittive e sottoposte a controlli bancari e patrimoniali: peraltro, se ne è immediatamente esclusi se il coniuge, o persino il cointestatario del contratto di affitto, ha risorse superiori allo smic (lo smic è il minimo sindacale orario e ammonta a circa 8 euro lordi all’ora, ossia a 1200 euro mensili, soglia di povertà per la società francese). Vista la natura sempre più precaria del lavoro, la fascia non compresa tra questi due estremi si allarga sempre di più e manca di protezione adeguata».
Quali e quanti teatri sono attualmente occupati e in quali città?
V. F. e A. T.: «Il 4 marzo la CGT spettacolo (la CGT è uno tra i maggiori sindacati francesi) ha indetto una manifestazione a un anno circa dall’inizio della crisi del 2020 e dopo mesi di richieste, senza risposta, al governo. L’occupazione dell’Odéon è stata pensata e messa in atto dalla CGT spettacolo e poi seguita a ruota dalla CIP – Coordination des Intermittents et Précaires, un collettivo nazionale attivo dal 2003 (ennesimo anno di mobilitazione e crisi del settore dello spettacolo che arrivò a bloccare il Festival di Avignone) e con ramificazioni in ogni regione. Contrariamente al sindacato, la CIP ha una struttura orizzontale, non è né un sindacato né un’associazione, non ha ‘capi’, funziona per ‘commissioni’ che si riuniscono da allora e riflettono sulla legislazione del lavoro, sul precariato, sui diritti di tutti i lavoratori. Svolgono un ruolo fondamentale nella tutela e nella difesa dei diritti dei lavoratori dello spettacolo e dei precari che ruotano attorno al mondo della cultura. Il collettivo delle Matermittentes – che nasce all’interno della CIP, sebbene ora sia un collettivo autonomo – svolge un ruolo fondamentale per i diritti della donna e artista in gravidanza. In questo contesto di pandemia, molte richieste di maternità sono state rifiutate dal sistema sanitario e sono molte le donne che si trovano in gravi difficoltà. In seguito all’occupazione dell’Odéon, il Primo Ministro Jean Castex ha fatto una dichiarazione che ha dato fuoco alle polveri, invitando tutti gli intermittenti e precari francesi a “fare un giretto in Germania e Italia e vedere come sono trattati laggiù”. In reazione a questa frase, grazie alle ramificazioni della CIP in regione e della CGT spettacolo, le occupazioni si sono moltiplicate rapidamente. E a oggi siamo a 65 teatri occupati».
Durante le occupazioni, nei teatri si svolgono anche attività rivolte a esterni?
V. F. e A. T.: «Gli occupanti sono artisti e tecnici (CIP, sindacati come la CGT, l’SFA e la SNAM/musicisti), artisti militanti, precari della ristorazione, studenti delle scuole nazionali, regionali e municipali di arte drammatica, regia e drammaturgia. Ogni giorno davanti a ogni teatro ci sono delle assemblee generali pubbliche a orari fissi, con agorà e possibilità di intervenire iscrivendosi a delle liste per prendere la parola. In ciascun teatro occupato si tengono delle assemblee interne ogni sera, e si emettono dei comunicati stampa regolarmente. Ci sono poi zoom collettivi (con rappresentanti di ogni teatro occupato) due volte a settimana circa. L’idea è di far convergere le lotte».
Tra le vostre richieste vi è anche quella, come ha scritto lei stessa nella domanda di rettifica all’Ansa, di “partecipare alla riflessione sulla riorganizzazione delle programmazioni di tutti gli annullamenti”. Chi dovrebbe parteciparvi? E gli artisti (ma anche i tecnici o gli intellettuali) come si immaginano il futuro della cultura in Francia?
V. F. e A. T.: «Queste le rivendicazioni nell’ordine preciso: 1) Ritiro della riforma dell’Assurance Chômage général; 2) Prolungamento del cosiddetto anno bianco* [vedasi oltre, n.d.g.] degli intermittenti e allargamento dello stesso a tutte le categorie dei precari penalizzate dalla pandemia, dalla chiusura dei luoghi culturali e dalla riforma in parte già entrata in vigore; 3) Semplificazione immediata delle condizioni di accesso all’indennizzo di disoccupazione per i giovani al primo impiego e per gli intermittenti che perdono i loro diritti; 4) Garanzie per tutti i diritti sociali, congedo maternità e malattia per tutti i lavoratori precari e stagionali (precisiamo che, in Francia, per avere diritto alla sanità bisogna avere un minimo di giornate lavorative l’anno, altrimenti si passa in fascia ‘caso sociale’ e si ha solo una copertura minima); 5) Piano massiccio di ripresa del lavoro in tutti i settori penalizzati; 6) Sostegni straordinari alle casse sociali specifiche dello spettacolo (pensione, formazione, maternità, eccetera) che, essendosi ridotte le trattenute, rischiano il tracollo. Riguardo alla domanda specifica sulla riapertura, ormai non fa nemmeno più parte dei comunicati stampa dei teatri occupati. La questione della riapertura è affrontata dalle occupazioni sotto questa forma: si chiede di convocare gli Stati Generali della cultura, il CNPS (Conseil National des Professions du Spectacle), in presenza delle autorità ministeriali per definire le modalità di riapertura. La discussione deve riguardare sia i protocolli (le sale riempite a metà non penalizzeranno certo la Comédie Française o l’Odéon, ma quelle medio-grandi e medio-piccole che avranno meno entrate e, forse, non potranno nemmeno continuare a lavorare), sia gli ‘ingorghi’ della programmazione. In effetti, tra progetti annullati, rinviati, eccetera, le Compagnie medie e piccole saranno penalizzate e la maggior parte dei progetti non vedrà la luce prima di tre o quattro anni, con conseguenze materiali su almeno (secondo le stime del governo) un quarto dei lavoratori dello spettacolo. Naturalmente ciò può provocare una vera e propria catastrofe dell’eccezione culturale francese, famosa per la quantità dei progetti sostenuti e per la loro diversità».
Avete unito alle vostre richieste di lavoratori teatrali quelle per “un sostegno finanziario agli studenti universitari e a tutti i lavoratori precari di ogni settore”. Questa protesta trasversale, quasi da maggio francese, come è accolta dalla cittadinanza in generale e dai media?
V. F. e A. T.: «Come dicevamo l’idea di base della CIP e della CGT spettacolo, accolta dagli studenti occupanti, è la convergenza delle lotte. Le assemblee generali/agorà giornaliere sono piuttosto affollate e ciò fin dal 5 marzo scorso e in ogni città occupata. Riguardo alla stampa, le commissioni delle occupazioni ormai sono unite nelle rivendicazioni e diventa mano a mano sempre più chiaro all’opinione pubblica che le rivendicazioni sono più sociali che culturali».
(*Spieghiamo cosa sia l’anno bianco. V. F. e A. T.: «Durante il primo lockdown ci fu una grossa mobilitazione dei lavoratori dello spettacolo e del settore cinematografico, che, contrariamente ad adesso, era fermo. In seguito a un editoriale de Le Monde, firmato da grandi star del teatro e del cinema francese, Macron decise di prolungare i diritti di tutti gli intermittent indennizzati (come già precisato ciò riguarda circa 150.000 intermittenti) fino al 31 agosto 2021. Quindi, tutti coloro che erano in fin de droit e le cui eventuali coperture dovevano essere ricalcolate, a partire dal 1° marzo 2020, hanno visto automaticamente il loro periodo di indennizzo prolungarsi fino ad agosto 2021, al tasso già in vigore l’anno precedente. Specifichiamo che si definisce tasso il risultato del calcolo del montante a cui ogni intermittente ha diritto. Un tasso giornaliero, variabile caso per caso. Per esempio, un teatrante che ha accumulato 507 ore con una media di 160 euro a cachet, si ritroverà con un tasso giornaliero medio di disoccupazione di 52 euro al giorno, ossia 1580 euro al mese di indennizzo per 12 mesi). Tale anno bianco ha riguardato solo i lavoratori dello spettacolo (artisti e tecnici) e non i precari del settore culturale che sono, comunque, intermittenti seppure con uno statuto leggermente diverso. Costoro non hanno avuto che dei versamenti sporadici, attribuiti senza un criterio specifico. Per la precisione, tra maggio e settembre 2020, dei versamenti da 300 euro mensili e, in ottobre, in seguito ai numerosi sit-in dei precari del settore della ristorazione e degli eventi, il governo ha deciso di erogare ulteriori versamenti da 800 euro per i mesi di ottobre e novembre. Poi più nulla»).
Venerdì, 19 marzo 2021 (aggiornato il 20 marzo per quanto riguarda la votazione della Legge sulla Sicurezza Globale)
In copertina: L’Opéra Garnier o Palais Garnier, Parigi. Foto di Bertrand Fines da Pixabay.