Metti un pomeriggio a Livorno
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Il lungomare con le geometrie razionaliste di piazza Mascagni, quell’aria frizzante che a volte ti sferza le ossa, l’acquario cittadino, i canali come in una San Pietroburgo mignonne, le persone a crogiolarsi al freddo sole invernale, tra panchine e ristorantini all’aperto, le enormi navi da crociera che incombono e i cantieri al lavoro – un pomeriggio di gennaio scandito da un martellare continuo in sottofondo.
Livorno è tutto questo e molto altro ma, se ci si allontana solo di un centinaio di metri dal mare anche la quiete serena del parco che racchiude Villa Mimbelli, che abbiamo visitato la scorsa settimana (https://www.theblackcoffee.eu/villa-mimbelli/) e che, al secondo e soprattutto terzo piano, ospita il Museo dedicato a Giovanni Fattori e ad alcuni pittori influenzati, più o meno compiutamente, dall’estro macchiaiolo – l’impressionismo italiano, nato e cresciuto nella Firenze degli anni 50 e 60 dell’Ottocento.
La visita inizia al primo piano nobile, nella Sala dedicata alle opere di Moisée Luigi Levi, meglio noto con lo pseudonimo Ulvi Liegi, dove gli influssi di Fattori e Signorini si stemperano con garbo nelle influenze francesi impressioniste e post (soprattutto il George Seurat di Una domenica di pomeriggio sull’isola della Grande Jatte), per tematiche e trattazione, in Lago di Garda (olio su cartone incollato su tela, 1914) – con quella diagonale che delimita la riva semi-brulla, affacciata su un braccio lacustre tranquillo, che si distende piano di fronte a una giovane che dipinge en plein air. La macchia si fa espressione di un colorismo vitale e semi-fauve nel successivo Il Mercato Centrale (olio su cartone, 1924), mentre il movimento convulso delle pennellate sembra condensare e trasporre le energie di una società votata a un nuovo dinamismo, quello preconizzato da Rissa in Galleria del genio di Boccioni (1910). E si chiude con Porta Romana (olio su cartone, 1936) dove un certo gusto calligrafico delimita vaghe idee di figure sempre più indistinte dalla macchia verde delle chiome degli alberi in una continuità materica che si frange contro le spigolosità delle architetture milanesi.
Accanto, una piccola sala dedicata ad Amedeo Modigliani e al suo periodo livornese presso lo studio di Guglielmo Micheli. Curiosa la storia dietro allo schizzo eseguito a carboncino sulla carta pubblicitaria della Pasticceria Bardi, dove il piacere del ritrovo degli artisti al caffè si mischia con quel tratto nervosamente espressivo per indicare un’epoca e un gusto oltre che una futura impronta pittorica.
Nella saletta dedicata a Renato Natali hanno valore, soprattutto storico, i due quadri presenti, quello del 1945, intitolato Vecchia Livorno o Via della Madonna dopo il bombardamento (olio su compensato) laddove i colori plumbei raccontano un presente devastato; mentre Vigilia di Natale, del 1938 (olio su tavola), mostra la rete tranviaria livornese, prima a cavallo e poi elettrificata, che cesserà l’attività nel 1943.
Al secondo piano (quello che originariamente era destinato alla servitù), troviamo la vera e propria Pinacoteca, che raccoglie alcune opere di Giovanni Fattori e di diversi macchiaioli (o pittori toscani) e/o di artisti che vi si sono in parte rifatti.
Entrando nella sala principale spicca uno tra i temi prediletti dal pittore livornese, il conflitto bellico. Dopo la battaglia (olio su tela, 1907) si distingue, però, dalle altre opere presenti per il tratto del disegno, preciso nei primi piani e negli animali, espressivo, ben contornato e prospetticamente esatto, che si ‘sporca’ volutamente, perdendo in definizione, a misura che l’occhio si sposta verso l’orizzonte. L’illusione prospettica si sposa con una matrice fortemente realista, che si apprezza specialmente allontanandosi dall’opera – che pare quasi di osservare attraverso una finestra aperta su un mondo sconsolato. Da notare anche l’uso del colore, la pennellata sempre più leggera e confusa, che nei vari piani condensa masse sempre più indistinte e atmosfere paesaggistiche. Vi è un senso di umanità sfinita che sembra trasudare dalla fine di una battaglia, e forse di un’era.
Più classico nella composizione e nella trattazione delle figure, Assalto a Madonna della Scoperta (olio su tela, 1868, curiosamente l’anno di inaugurazione di Villa Mimbelli). La varietà delle azioni e dei grumi narrativi non riesce a liberarsi da quel certo schematismo proprio dei quadri di battaglie cari all’Ottocento. Stesso gusto, sebbene la composizione si carichi della concitazione della battaglia, per Carica di cavalleria a Montebello (olio su tela, 1862), ove la polvere sollevata dai cavalli ed esplosa dai fucili mitiga la precisione delle figure in primo piano. Mandrie Maremmane (olio su tela, 1893), al contrario, ha la forza prepotente di una natura imbrigliata, mentre la prospettiva – sebbene schiacciata – pare quasi volerci catapultare al centro dell’azione, circondati da zoccoli e corna, bovini e cavalli, polvere e sudore sotto un cielo basso e grigio.
Prima di lasciare la stanza, in un angolo, spicca il cavalletto originale del pittore. Nel corridoio, oltre a un Gaetano Previati (ferrarese) con tematica fortemente sentimentale come Decapitazione di Ugo e Parisina (olio su tela, 1913), che rappresenta in maniera originale, attraverso una giustapposizione di tagli di luce e ombra la condanna inflitta a Parisina Malatesta e al suo amante, Ugo d’Este, dal marito Niccolò III d’Este; tre godibili oli su tela di Vittore Grubicy de Dragon – tra l’altro, mecenate dello stesso Previati. Nel pittore, critico e mediatore d’arte milanese, seguace del divisionismo, il tema marino si sposa con una pennellata apprezzabile soprattutto a una certa distanza così da permettere ai punti luce di rendere percepibili distintamente i particolari, le forme e i riflessi creati dai minuscoli tratti coristici separati e giustapposti. Ancora da notare un piccolo olio (su tavola, 1885) di Silvestro Lega, La casa di don Giovanni Verità e l’acquarello e tempera su compensato (1880) di Telemaco Signorini, Dintorni fiorentini. Squarci di vita di paese che raccontano un universo con la schiettezza delle fotografie di un Robert Capa, reporter in Italia.
Di Giovanni Boldini, intensamente espressivo il Ritratto di V. Cabianca (olio su tela applicata su tavola, 1865/70) e già presago del futuro parigino in il Ritratto di signora con i fiori (tempera su seta, 1870) soprattutto per l’incanto di quell’abito bianco che fascia e svela più che nascondere. Posteriori ma intrisi di macchia, il fastoso e quasi fauve Lo scoglio di Quarto (olio su tavola, 1910) di Plinio Nomellini, e l’altrettanto materico Mareggiata (1928, olio su tela). Purtroppo alcune sale, al momento della visita, erano chiuse.
Trascorrere del tempo nella pinacoteca cittadina non è solamente un modo piacevole di passare un pomeriggio, bensì la possibilità di riconquistarsi un pezzetto di quell’arte e bellezza che il lockdown ci aveva prepotentemente sottratto.
Villa Mimbelli
via San Jacopo in Acquaviva, 65 – Livorno
orario: da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00
Venerdì, 5 febbraio 2021
In copertina: Giovanni Fattori, Mandrie Maremmane. Foto gentilmente fornita dall’ufficio stampa del Museo Fattori.