Cowboys e indiani: chi decide quali sono i ‘buoni’?
di Simona Maria Frigerio
In epoca non sospetta Edward S. Herman e Noam Chomsky scrivevano la bibbia del giornalismo, ossia La fabbrica del consenso – un libro ‘capitale’ (e il gioco di parole con lo scritto di Marx è voluto) per comprendere la macchina della disinformazione nella quale rischia sempre di trasformarsi il giornalismo. Se il secondo capitolo era intitolato Non tutte le vittime sono uguali, puntualizzando che “un sistema di propaganda, in coerenza con le proprie finalità, presenterà le persone perseguitate dai propri nemici come ‘meritevoli’ di considerazione e quelle trattate con crudeltà uguale o superiore dal proprio governo o dai suoi alleati come vittime ‘non meritevoli’ di considerazione”, è logico supporre che anche i comportamenti dei governi – se alleati o meno – saranno più o meno sanzionati in considerazione del ritorno economico o geopolitico che ne potrebbe ricavare il nostro Paese.
Partendo da questo presupposto abbiamo analizzato quattro Stati che sono attualmente oggetto di sanzioni o ne sono esenti, fermo restando che fin dai tempi della Prima guerra in Iraq si comprese che le sanzioni economiche non servivano ad abbattere un regime bensì a vessare oltre misura una popolazione – in quel caso, Saddam Hussein fu spodestato solamente manu militari con la Seconda guerra del Golfo mentre negli otto anni di embargo, secondo Cecilia Bartoli (che si rifà a un rapporto dell’Unicef pubblicato nel 1998) “ogni mese in Iraq [morirono] quattromila bambini come conseguenza delle sanzioni economiche”.
La Cina corteggiato partner europeo, mentre la Francia abbraccia al-Sisi
L’Unione Europea e la Cina annunciano, il 30 dicembre 2020, di avere finalizzato l’accordo bilaterale denominato Comprehensive Agreement on Investment – che dovrebbe aprire il mercato cinese alle imprese dei Paesi membri della Ue. Il tentativo di inserire una clausola in cui la Repubblica Popolare si impegnasse a rispettare le convenzioni internazionali contro il lavoro forzato (nello specifico della minoranza Uiguri) è rimasto lettera morta. Nel frattempo, grazie alla pandemia e ai conseguenti divieti di manifestazione – ma anche al sempre maggior controllo che un virus può regalare a chi lo sappia strumentalizzare appropriatamente – Beijing ha fatto passare la Legge sulla sicurezza nazionale che, di fatto, stringe ancora di più le maglie della dittatura dispotica cinese sull’ex colonia britannica. Anche sulla situazione in Tibet il silenzio pare ormai assordante, così come su alcune dichiarazioni del Presidente Xi Jinping (pubblicate da https://sicurezzainternazionale.luiss.it)
circa il futuro del Paese occupato, tra le quali chicche come: “Il buddismo tibetano dovrebbe adattarsi al socialismo e alle condizioni cinesi e l’educazione politico-ideologica dovrebbe essere potenziata per rafforzare l’unità”. Tradotto: asservimento, propaganda e dittatura?
Ma, come insegna il Presidente Macron quando appunta la Legion d’Onore sul petto di al-Sisi (ricordate Giulio Regeni e Patrick Zaki?), una cosa sono gli affari e un’altra i diritti umani. Soprattutto, visto che le immagini – forse ‘imbarazzanti’ – del tappeto rosso e degli abbracci tra i due leader sono state trasmesse dalle televisioni egiziane e non francesi (come fa notare L’Espresso) si capisce perché il Paese d’Oltralpe, in fatto di libertà di stampa, sia solo al 34° posto dell’Indice 2020 elaborato da Reporters sans frontières (l’Italia, per inciso, va anche peggio: ferma al 41°).
In Russia continuano a ‘mangiare i bambini’?
Sul sito https://www.consilium.europa.eu è la voce dell’Europa che spiega: “Le sanzioni intendono indurre un cambiamento nella politica o nella condotta del soggetto cui sono dirette, al fine di promuovere gli obiettivi della PESC” (ossia la Politica Estera e di Sicurezza Comune). In pratica l’Europa – così come gli Stati Uniti – si arroga il diritto di indurre cambiamenti nella politica di Stati sovrani. Ma siamo noi esenti da storture e, quindi, su un piedistallo tale da poterci permettere di giudicare gli altri? Oppure usiamo quest’arma ‘bianca’ per scopi altri, essenzialmente per favorire le nostre economie e quelle dei nostri alleati? E ancora, se votare l’embargo alla vendita di armi verso Paesi in conflitto può avere un senso, quando si tratti di medicinali, derrate alimentari o, anche, attività economiche – come vietare a una catena di hotel di proseguire la propria attività su un’isola che vive di turismo – cosa si sta facendo effettivamente? E teniamo presente cosa significa l’acronimo PESC (che non è certamente sinonimo di difesa dei diritti umani o civili).
Contro la Russia le sanzioni ci sono, volute in primis dalla Germania della Cancelliera Merkel (che le ha riconfermate a giugno 2020 a nome dell’Unione Europea), a seguito della crisi ucraina – e non, ad esempio, delle continue violenze alle quali sono soggette le persone omosessuali e le lesbiche. Merkel che, però, non si tira indietro quando sul tavolo degli affari c’è il gasdotto russo/tedesco North Stream 2; così come non si notano in lei e nel suo Paese remore nel caso della RWM – azienda partecipata tedesca al 100% – che produce le bombe aeree della classe MK80, su territorio italiano, vendute all’Arabia Saudita – la quale a sua volta le sta utilizzando contro lo Yemen – e tutto ciò in barba all’embargo verso Riad votato dalla stessa Germania, per la prima volta, nel 2018 e poi prorogato.
Ma la Russia è anche altro. Ad esempio, per quegli italiani che, a marzo, sono stati lasciati a terra da Alitalia, la compagnia di bandiera che continuiamo a finanziare ma che sospese i voli con l’Oriente prima della chiusura dell’aeroporto di Malpensa, forse l’unica compagnia aerea che si fece carico di volare fino a Milano fu Aeroflot – mentre il Ministro Di Maio si preoccupava solamente degli italiani in Cina senza rendersi conto che la chiusura dei voli diretti da quel Paese e, in un secondo momento, degli aeroporti tout-court avrebbe causato danni a migliaia di italiani all’estero.
Qualcuno se lo sarà già dimenticato ma durante i tempi bui in cui gli italiani si illudevano che saremmo diventati tutti più buoni e il futuro si sarebbe tinto di rosa, ossia a marzo 2020, quando si sventolavano slogan come “Andrà tutto bene” e si facevano i concertini al balcone, i russi – forse più pragmatici ma decisamente più efficienti – inviarono nel nostro Paese 14 aerei militari cargo IL-76 per fornire macchinari e personale specializzato a Bergamo (fonte Agi.it).
E per finire una notizia di alcuni giorni fa. Ci attendevamo che il rientro dei pescatori di Mazara del Vallo reclusi in Libia avrebbe suscitato perlomeno lo stesso interesse e giubilo mediatico e politico della liberazione di Aisha (alias Silvia Romano), ma forse i retroscena della vicenda sollevavano imbarazzo nell’establishment politico se è vero quanto ha dichiarato Silvio Berlusconi (e che riportano i colleghi de La Stampa e Repubblica): “«È stato Putin con le sue telefonate ad Haftar a farli liberare, questa è la verità di quello che è successo»”.
Cuba: medici, autodeterminazione femminile e diritto allo studio
Contro le scelte politiche di Cuba gli Stati Uniti portano avanti da quasi sessant’anni il bloqueo – dichiarato dal cosiddetto campione della democrazia, che potenziò altresì l’intervento militare statunitense in Vietnam, il Presidente John Fitzgerald Kennedy, nel lontano 1962. Uno tra gli effetti più ignobili di tale blocco economico è stato denunciato da https://www.lordinenuovo.it: ovvero il divieto relativo ai “ventilatori polmonari che l’agenzia governativa Medicuba ha cercato di acquistare invano dalle aziende con cui si riforniva in precedenza: IMT Medical AG e Acutronic. Queste, essendo state recentemente comprate da una compagnia statunitense, hanno ricevuto nuove direttive, fra cui quella di divieto di commercio estero con Cuba, anche per le attrezzature considerate vitali per assistere pazienti affetti da Covid-19”.
Eppure Cuba ha inviato i propri medici e infermieri in tutto il mondo in questi anni soccorrendo popolazioni prive di un sistema sanitario adeguato o in difficoltà a causa di calamità naturali – 30.000 persone in 67 Paesi (secondo Il Manifesto) da Haiti a Baghdad. La Brigata specializzata in situazioni d’emergenza Henry Reeve è stata anche candidata al Nobel per la Pace 2020 – che ha però vinto l’Oms, quel ‘campione di trasparenza’ che ci ha regalato anche gli intralci nell’indagine relativa al nostro piano pandemico (vedansi i servizi di Report).
In America Latina pochi sono gli Stati che offrono ai propri cittadini un sistema sanitario adeguato e accessibile e, tra questi, Cuba – nonostante le restrizioni imposte dal bloqueo. Pochissimi quelli che garantiscono il diritto all’autodeterminazione femminile. E se l’Argentina ci arriva solo a fine 2020, Cuba è stata anche pioniera per quanto riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza. Ma non solo. Come ricorda http://it.granma.cu, “il diritto allo studio è garantito, in maniera gratuita, a tutti, dalle materne all’università” (cosa che non può affermare nemmeno l’Italia) e la “Previdenza Sociale Generale protegge il lavoratore in caso di malattia, incidente, invalidità, vecchiaia, maternità e protegge la famiglia del lavoratore in caso di morte”. Quanti sono i cosiddetti regimi democratici che, oggi, assicurano altrettanto? Soprattutto nelle nostre democrazie sempre più formali e sempre meno sociali. O nel Belpaese, dove la politica e i mass media ci stanno traghettando allegramente verso il default per salvare gli adorati ‘vecchietti’ ma dove da decenni, fuor di retorica, gli anziani affetti da demenza senile, Alzheimer o i malati in stato vegetativo sono abbandonati totalmente a carico delle famiglie – le quali, a loro volta, sono costrette a lasciarli in carissime Rsa.
L’Ungheria: quando le violazioni sono a casa nostra
Come da Report di Amnesty International (sempre molto citata, come Associazione, quando si tratti dei ‘nemici’) apprendiamo alcune chicche sul Paese che aveva posto il veto all’approvazione del Bilancio europeo, insieme alla Polonia (il che avrebbe fatto saltare il Next Generation Eu), se il resto d’Europa avesse insistito sull’affaire diritti umani e civili.
In effetti, leggiamo che il governo magiaro, oltre ad aver aumentato il suo controllo sulla magistratura (laddove la separazione dei poteri è un caposaldo della democrazia fin dai tempi di Aristotele e, più recentemente, Montesquieu), persevera con la “legislazione che mira a colpire le Ngo, [… limitando altresì] l’accesso nel Paese per rifugiati e richiedenti asilo”.
In realtà non va meglio nemmeno alla popolazione autoctona vista “l’adozione da parte del parlamento, a dicembre 2018, di una legislazione che ha consentito ai datori di lavoro di aumentare le ore di straordinario richieste ai dipendenti e di ritardarne potenzialmente fino a tre anni il pagamento”. Mentre sul fronte della libertà di pensiero e studio: “una nuova normativa introdotta a luglio ha accresciuto l’influenza del governo sugli istituti di ricerca dell’Accademia ungherese delle scienze, suscitando timori per l’indipendenza della ricerca accademica in futuro”.
Ciliegina sulla torta, figure politiche e personalità note diffondono “discorsi d’odio razzisti contro rom, migranti, rifugiati, richiedenti asilo e altre minoranze” o si scagliano “contro le persone Lgbti, rilasciando commenti omofobici e discriminatori”.
Eppure l’Unione Europea è tale che 25 Paesi sono stati ricattati da 2 e uno tra questi era l’Ungheria.
Venerdì, 22 gennaio 2021
In copertina: Foto di Capri23auto da Pixabay.