L’esperienza di un cliente Amazon
di Simona Maria Frigerio
Siamo in clima di acquisti natalizi anche per rivitalizzare un po’ il sistema consumistico/capitalistico che – potremo condividerlo o meno – è, al momento, l’unico proposto e, soprattutto, dietro al suo funzionamento, tra i suoi ingranaggi, vivono milioni di persone che lavorano nelle fabbriche, nei negozi e nei ristoranti, nei teatri e negli uffici, nelle redazioni, nelle palestre e nei campi di pomodori. Martellati da pubblicità di profumi e da Betty dai pacchetti perfetti, siamo sollecitati non solamente all’acquisto ma a quello online, dati anche i continui meme e i Dpcm contro gli assembramenti con la relativa chiusura dei centri commerciali nei weekend che favorisce proprio quegli assembramenti – dato che, se le ore e i giorni si comprimono, è ovvio che le masse di persone lieviteranno (la fisica non è solo quella quantistica).
Se non bastasse, aggiungiamo il macchinoso sistema inventato dal Governo che dovrebbe regalarci sconti e cotillon (come il famoso buono monopattino in un’Italia che, nell’indifferenza generale, avanza verso il default) in cambio dell’uso delle carte per gli acquisti; il fatto che Jeff Bezos è – secondo la classifica di Bloomberg – l’uomo più ricco al mondo per il 2020; e che l’Europa stenta ad approvare una pur minima forma di tassazione sulle transazioni dell’ecommerce (sebbene, come riportato da Wired.it a settembre del 2020, e da Repubblica, “in Italia le società di diritto riconducibili ad Amazon hanno pagato allo Stato soltanto 11 milioni di euro di imposte, a fronte di un giro d’affari che nel nostro Paese ammonta a4,5 miliardi di dollari” (ma in Italia preferiamo non aumentare le pensioni invece di tassare le multinazionali del web).
Il caso di un cliente Amazon
In questo quadro, ecco l’esperienza di un cliente italiano del colosso statunitense che, qualche giorno fa riceve un alert dalla propria banca per un acquisto effettuato con la sua carta di credito pochi minuti prima. È notte e la persona in questione sta guardando la tivù. Telefona immediatamente al numero verde per bloccare la carta di credito e dall’operatore viene a sapere di altre quattro operazioni che non ha fatto, scoprendo quindi che la sua carta deve essere stata clonata ai primi del mese di dicembre. Tra i quattro acquisti anche uno su Amazon e questo lo insospettisce perché l’ultimo acquisto effettuato da lui era proprio su Amazon e, non avendo utilizzato la carta di credito per nessun altro acquisto online per mesi, non possono esserci state molte occasioni per una truffa informatica ai suoi danni. Inoltre, la sua carta di credito è inserita nell’Account Amazon e gli pare strano che non gli sia giunto alcun alert da parte dell’ecommerce che gli chiedesse spiegazioni sul perché la sua carta era stata utilizzata da un altro Account (il che significa un nome, un cognome e soprattutto un indirizzo diversi dal proprio).
Il 17 dicembre all’una di notte scrive molto preoccupato ad Amazon: “Dopo aver effettuato un ordine il 30/11 su Amazon mi hanno clonato la carta di credito. Non avendola usata su nessun altro sito […] è stata clonata via Amazon […]”.
A questa email risponde l’Ufficio Clienti Amazon: “Faccio seguito alla tua email, mi sono immediatamente adoperato a verificare il tuo account Amazon. Ti informo che Amazon non condivide i dati dell’Account Amazon o i dati della carta di credito, i dati della carta non sono visibili neanche dagli operatori Amazon (sono dati personali nascosti nell’Account). Per poter aprire una segnalazione al nostro dipartimento di competenza per poter verificare l’accaduto abbiamo bisogno di maggior informazioni da parte tua. Volevo chiamarti telefonicamente per avere le informazioni al telefono ma non trovo nessun dato del numero telefonico […]”.
L’acquirente telefona, quindi, al Servizio Clienti Amazon per avere informazioni sull’acquisto fraudolento e l’impiegato specifica che, se la polizia (dove l’acquirente si recherà in mattinata per fare regolare denuncia) si rivolgerà all’ecommerce, potranno fornire il nominativo comprensivo di indirizzo dell’Account che aveva utilizzato la sua carta di credito. Solamente in questo momento e su segnalazione, quindi, del cliente, Amazon si rende conto che una stessa carta di credito è inserita sotto due nomi differenti. E l’acquirente si chiede come si possa pensare di farsi inviare a casa un pacco acquistato con una carta di credito clonata, credendo di farla franca. Ma a questo dovranno rispondere le forze dell’ordine.
La conclusione
Dopo la telefonata, il solerte impiegato di Amazon invia un’email all’acquirente con alcune informazioni evidentemente distorte: “Nel corso di una verifica di routine abbiamo scoperto che è stato aperto un nuovo Account sul quale è stata aggiunta una carta […] con i numeri finali […] . Tale carta risulta essere associata a un altro Account utilizzato in precedenza da te. Sul nuovo Account l’indirizzo di consegna non corrisponde a nessuno degli indirizzi usati da te sul vecchio Account. Abbiamo chiuso il nuovo Account dato che la carta potrebbe essere stata utilizzata senza la tua autorizzazione e abbiamo, inoltre, cancellato gli ordini in corso. Se l’Account in questione fosse tuo, ci scusiamo per l’inconveniente e ti chiediamo di comunicarcelo al più presto rispondendo a questo messaggio. Se la carta di credito è stata utilizzata senza la tua autorizzazione, ti consigliamo di bloccare immediatamente la carta, contattando l’istituto di credito emittente. Ti informiamo che abbiamo già proceduto all’addebito di EUR […] sulla tua carta di credito. Se di recente sono stati effettuati pagamenti non autorizzati, ti preghiamo di comunicarlo al tuo istituto di credito che provvederà ad inviarti i moduli per pagamenti non autorizzati, in seguito notificati e riaccreditati sul tuo Account. Dovrà, inoltre, comunicare il problema alle autorità competenti. Non possiamo fornirti nessun altro dettaglio riguardo l’utilizzo non autorizzato della carta, ma saremo disponibili a fornire ulteriori informazioni al tuo istituto di credito e alle autorità competenti”.
Questa è la risposta dell’acquirente alla quale Amazon non ha più dato seguito: “Come specificato oggi telefonicamente al vostro operatore l’addebito in questione è improprio dato che la carta di credito deve essere stata clonata. Noi ce ne siamo accorti ieri sera quando ci è arrivato l’alert di un altro acquisto da […] EUR (non con Amazon). […] Dato che noi usiamo la carta di credito forse 4 o 5 volte l’anno, è facile risalire a chi possa averla clonata. […] Comunicheremo alle Forze dell’Ordine dell’addebito da 36,98 EUR perché possano richiedervi tutti i dati di chi ha aperto l’Account e l’indirizzo al quale è stato spedito l’acquisto. Mi meraviglio altresì di come sia possibile che il vostro sistema non emetta alcun alert se una carta già inserita viene associata a un Account nuovo”.
Riepilogando
La verifica di routine non c’è mai stata. Il solerte impiegato si presume utilizzi una risposta preconfezionata o una risposta dell’ufficio legale – o difetti di memoria. Il sistema di Amazon, per l’esperienza qui riportata, sembra che non preveda controlli nel caso una carta di credito già in sistema sia associata a un nominativo e a un indirizzo diversi da quelli inseriti nell’Account del cliente.
A questo punto sorge spontaneo domandarsi se si debba confidare in un tale sistema e a quali conseguenze si potrebbe arrivare: è vero che le assicurazioni degli enti creditizi coprono il cliente, ma un ecommerce non dovrebbe garantire maggiore sicurezza così da evitare inutili spese anche alle assicurazioni? E se la spesa fosse stata di alcune migliaia di euro come avrebbe fatto il cliente Amazon a sostenerla anche solo per pochi giorni o qualche settimana?
Quello di Amazon appare un sistema con delle falle ma, peggio ancora, un mondo dove – aldilà della pubblicità che mostra magazzinieri felici di lavorare per Jeff Bezos come se avessero vinto alla Lotteria – non permette un confronto con una persona in carne e ossa con la quale ragionare, bensì risposte standard da parte di un gentilissimo operatore che, però, in questo caso – nero su bianco – distorce i fatti.
Venerdì, 25 dicembre 2020
In copertina: Foto di Minka2507 da Pixabay.