Più o meno democratici: gli Stati non accettano il dissenso
di Simona Maria Frigerio
Berlino, 18 novembre. Nel quartiere di Mitte e intorno alla Porta di Brandeburgo, manifestano circa 10 mila persone per esprimere il loro dissenso nei confronti della legge che si sta discutendo in Parlamento (dove sarà approvata) per ampliare i poteri discrezionali dell’esecutivo. Ufficialmente per contenere il Covid ma, ovviamente, anche per restringere i margini democratici di uno Stato che non hai mai brillato in fatto di rispetto dei diritti umani nel corso del Novecento. Una legge che svincola dall’approvazione parlamentare in fatto di “coprifuoco, obbligo di maschera di protezione, distanza minima di sicurezza, restrizioni su contatti e movimenti, chiusura di attività e strutture, e divieto di eventi e servizi religiosi”. Sebbene a molti italiani tutto ciò appaia normale, visto che nel nostro Paese ci stiamo abituando a quella sospensione dello stato di diritto che è lo Stato d’emergenza, se proviamo a valutare che senso abbia il coprifuoco rispetto a un virus che circola a qualunque ora del giorno e della notte e, soprattutto – dati dell’Istituto Superiore della Sanità – almeno in Italia, che si contrae principalmente in famiglia, domandarsi se questa, come altre misure, sia appropriata dovrebbe rientrare nel normale dibattito parlamentare. Ma la rana bollita di Chomsky è ormai servita in tavola, insieme al nostro senso della democrazia, e gli idranti utilizzati dalle forze dell’ordine a Berlino hanno spazzato via i manifestanti ma non i dubbi.
Bangkok, 8 novembre. In un Paese ufficialmente democratico ma dove, di fatto, il potere è concentrato nelle mani del re e dei militari, non si fermano le proteste dei giovani thailandesi per ottenere una nuova Costituzione che rispetti il volere dell’elettorato, e soprattutto una monarchia che non sia al di sopra delle Leggi dello Stato. Per la seconda volta da luglio, quando sono iniziate le proteste, le forze dell’ordine utilizzano gli idranti per disperdere i 5 mila manifestanti che stavano marciando dallo storico Monumento alla Democrazia – simbolo della fine della monarchia assoluta – fino al Palazzo Reale, dove volevano ingenuamente consegnare la loro petizione, per la riforma della monarchia, proprio nelle mani dell’attuale sovrano, Maha Vajiralongkorn.
Minsk, 4 ottobre. L’opposizione bielorussa che contesta la rielezione di Alexander Lukashenko mobilita nuovamente migliaia di cittadini, che scendono in piazza per attirare l’attenzione internazionale sui detenuti politici, ossia leader dell’opposizione, sindacalisti e giornalisti arrestati e messi in carcere per aver partecipato o, peggio, organizzato le proteste di questi mesi. Le forze dell’ordine, come sempre, non si sottraggono ai propri doveri di preservare l’ordine costituito e usano gli idranti per disperdere la folla.
Gerusalemme, 14 luglio. Nonostante il coronavirus e i reiterati lockdown non si fermano nemmeno le proteste della sinistra israeliana contro il Premier Netanyahu, accusato di corruzione; contro la mancanza di misure efficaci per fronteggiare la grave crisi economica causata dalle misure ristrettive contro la pandemia; ma anche e finalmente contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Per disperdere i manifestanti che proclamavano il nome di Iyad al-Hallaq – un palestinese con disabilità mentali che era stato ucciso da agenti israeliani della polizia di frontiera – la risposta delle forze dell’ordine sono, ancora una volta, gli idranti.
Hong Kong, 24 maggio. Chi ricorda i manifestanti che scendevano in strada contro la Legge sulla sicurezza nazionale? Legge che punisce “gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere compiuti nell’ex colonia britannica”, approvata a Beijing il 30 giugno scorso. Mentre tutto il mondo sembra andare, grazie al coronavirus, verso una stretta feroce delle libertà civili, anche quel giorno le forze dell’ordine usarono gli idranti.
Parigi, 28 gennaio. L’anno inizia con vigili del fuoco contro poliziotti – e non è un gioco tra bambini sulla falsariga di ‘cowboy contro indiani’. Centinaia di pompieri – quelli che ci salvano da fiamme, inondazioni e fughe di gas – manifestano contro la riforma delle pensioni, per un aumento dell’organico, equipaggiamenti migliori e un aggiornamento dell’indennità di rischio – che sarebbe al palo dal 1990. Partito da Place de la République e diretto a Place de la Nation, la polizia usa gli idranti per disperdere il corteo.
Più o meno democratici, i Paesi; più o meno pacifici, i cortei; più o meno condivisibili, le richieste (ma tutte rispettabili in uno Stato democratico); più o meno capaci, le forze dell’ordine di controllare la piazza senza generare o esacerbare scontri e violenze. Denominatore comune però, da Hong Kong a Berlino, l’uso degli idranti. Ma non crediate siano quelli da marciapiede utilizzati per spegnere gli incendi, bensì un blindato armato di cannoni orientabili, che alcuni sindacati di polizia (come il Sap, in Italia), vogliono (o volevano) caricato con acqua e spray urticante. A prescindere dalla forza dell’acqua – che può rompere ossa e ferire gravemente le persone, indipendentemente dal loro essere manifestanti pacifici o meno, fa specie – come da articolo de L’Espresso di qualche anno fa – che già nel 2014 a Bologna si valutasse l’opportunità di impiegare tale mezzo contro gli ubriachi che disturbavano il sonno dei benestanti nelle vie del centro; mentre nell’altra città per antonomasia di sinistra, Firenze, sempre nel 2014 erano già stati approntati alcuni blindati con idranti, pronti a intervenire in piazza della Signoria per disperdere eventuali ubriachi dopo mezzanotte. E a Napoli, nello stesso anno, si usavano contro i contestatori della Bce.
Forse occorrerebbe modificare la destinazione d’uso dell’oggetto denominato idrante: per spegnere le proteste – non gli incendi.
Venerdì, 13 novembre 2020
In copertina: Foto di Antonio Cansino da Pixabay.