Intervista alla direttrice Cristina Ghelli
di Simona Maria Frigerio
Calenzano, 4 novembre. In un momento di grave crisi socioeconomica, in cui il lavoro di milioni di italiani è sempre più a rischio e i fondi pubblici saranno sempre più centellinati, occorre essere lungimiranti nelle scelte politiche per evitare inutili sprechi e licenziamenti laddove si potrebbe evitarlo. Eppure, in questa difficile congiuntura, abbiamo letto dell’appello del Teatro delle Donne perché sia prorogata dal Comune la concessione del Teatro Manzoni di Calenzano (in provincia di Firenze) fino al termine della Stagione 2020/2021. Appello certamente non teso a evadere un bando di assegnazione che il Comune ha tutto il diritto di fare (ma forse, oggettivamente, non in questo frangente), bensì per salvaguardare posti di lavoro, contributi già stanziati a livello regionale, corsi e produzioni. Ma è a Cristina Ghelli che ci rivolgiamo per comprendere cosa stia accadendo.
Il Teatro delle Donne è un raro esempio di valorizzazione della drammaturgia femminile. Racconta ai nostri lettori com’è nato e qualcuna tra le sue molteplici attività?
Cristina Ghelli: «Nel 1991 ho deciso, insieme ad altre donne che avevano riscontrato le mie stesse difficoltà – professioniste del settore, autrici, registe, attrici, docenti universitarie, critiche teatrali e donne di alcune associazioni culturali – di fondare Il Teatro delle Donne, per portare alla ribalta la questione femminile in teatro.Il Teatro delle Donne in quasi trent’anni di attività, in linea con le migliori iniziative europee, ha messo in piedi l’unico Centro Nazionale di Drammaturgia delle Donne, ha raccolto in un archivio e catalogato oltre mille testi di autrici italiane contemporanee, ha pubblicato cataloghi dei testi e annuari delle autrici (circa duecento sono quelle attualmente aderenti), testi di teatro, e dato sede alla Scuola Nazionale di Scrittura Teatrale fondata da Dacia Maraini – che è una delle più qualificate scuole di drammaturgia nazionali – e ha collaborato con le maggiori autrici nazionali quali Dacia Maraini, Barbara Nativi, Lucia Poli, Franca Rame, Silvia Calamai, Grazia Verasani, Valeria Moretti, ma anche con Biljana Srbljanovic, Claire Dowie, Judith Malina, Sarah Kane.Dopo aver diretto diversi altri teatri in Toscana, da diciotto anni gestisce – presso il Teatro Manzoni di Calenzano – una tra le Stagioni più coraggiose per la drammaturgia contemporanea, che ha ospitato i più innovativi testi di teatro d’impegno civile collaborando con i più giovani autori e autrici nazionali e producendo una cinquantina di spettacoli di teatro contemporaneo. In diciotto anni abbiamo portato avanti un’enormità di lavoro al Teatro Comunale di Calenzano – una scuola di teatro che ha avuto in media un centinaio di iscritti per Stagione fra adulti, bambini e ragazzi; la scuola di scrittura teatrale; un nuovo Festival, Avamposti; e inoltre, abbiamo realizzato numerose produzioni e Stagioni del Teatro Manzoni; attività per le scuole e per i più piccoli presso la Biblioteca CiviCa; ci siamo occupati di formazione del pubblico con iniziative all’avanguardia come I Calenziani, progetto che ha indagato – attraverso le foto sui cellulari – la mobilità dei cittadini in area metropolitana. Abbiamo altresì collaborato con molte associazioni nazionali e del territorio e con le strutture pubbliche del territorio, ma anche con tutte le strutture regionali più professionali, quali il Maggio Musicale Fiorentino. Il Teatro delle Donne ha realizzato un progetto di valore complessivo che ha fatto conoscere il Teatro Manzoni a livello regionale e nazionale, realizzando produzioni di alto livello – arrivate finaliste ai premi Ubu – che hanno contribuito a far apprezzare Calenzano in giro per l’Italia. E infine, insieme alla Regione Toscana, abbiamo collaborato in iniziative di punta contro la violenza sulle donne e nel teatro d’impegno civile».
In teatro, le donne continuano a essere principalmente attrici o addette stampa. Esistono ancora poche direttrici artistiche o organizzative, registe e drammaturghe. Come si spiega questa arretratezza?
C.G.: «Oggi le registe e le autrici di teatro ci sono: ne abbiamo catalogate duecento fra quelle che vengono rappresentate. Il problema è dar loro visibilità, quello che il Teatro delle Donne cerca di fare. Le direttrici di teatro sono ancora poche, perché la direzione dei teatri è quasi sempre oggetto di nomina, quindi in mano alla politica. E in politica comandano ancora gli uomini. Di conseguenza in teatro spesso comandano ancora registi e direttori di teatri, generalmente uomini. Mai, come negli ultimi cinquant’anni, le donne sono state capaci di trasformare la propria vita, le proprie relazioni, il proprio rapporto con la professione. Se contiamo tuttora meno degli uomini andrebbero considerati fattori quali il doppio o triplo lavoro, i figli e le incombenze domestiche. Il fatto è che la lunga partita ‘per esserci’ non si gioca in qualche decina d’anni, sul piano del costume, ma su quello enormemente più difficile, profondo e complesso della storia, individuale e collettiva – che ha tempi lunghi. Il fenomeno della violenza contro le donne, ancora così diffuso nel nostro Paese, dimostra quanto sia lungo il percorso per cambiare l’idea della donna che, ancora oggi, è predominante. Basta guardare la nostra televisione per capire quanta arretratezza ci sia ancora da superare».
Veniamo al bando indetto dal Comune di Calenzano per la riassegnazione del Teatro Manzoni – nel quale svolgete la vostra attività da anni e in un periodo di lockdown e di effettive restrizioni alla mobilità in ogni senso. Lo stesso vi ha colto di sorpresa?
C.G.: «Lo scorso anno ci sono state le elezioni a Calenzano e quella attuale è una nuova giunta. Quando cambiano le istituzioni ci si possono aspettare sorprese, anche se in questo caso Sindaco e Assessora alla Cultura facevano già parte dell’amministrazione precedente. Il cambiamento del loro atteggiamento nei confronti della gestione del teatro, dopo il lockdown, mi ha in parte sorpreso. Il Teatro delle Donne è a Calenzano da diciotto anni e ha sempre intrattenuto un ottimo dialogo con le precedenti amministrazioni. Se questa giunta avesse voluto qualcosa di diverso o di nuovo, nella programmazione del teatro, avrebbe potuto confrontarsi con noi su questo tema. Al contrario si è insistito solo sulla necessità di fare un bando, come se, in tempo di pandemia, il diktat fosse cambiare gestione al teatro. La maggior parte dei comuni ha ragionato in modo opposto: chi meglio di un gestore con esperienza può fronteggiare una situazione così difficile? Sono state date proroghe a tutti, in generale. Credo che, dietro al comportamento della giunta di Calenzano, ci sia un malinteso concetto di territorio e un localismo un po’ esasperato. Nel presentare il bando come necessario si parla di coinvolgimento di associazioni del territorio. Ma le associazioni del territorio sono tutte amatoriali. C’è un’enorme differenza fra concepire il teatro come un lavoro, una professione, e fare teatro come svago, come attività dopo-lavoristica. Il teatro è importante per la crescita delle persone: per allievi e spettatori deve essere formativo, invitare alla riflessione – anche in caso di pièce leggere. Deve essere fatto da chi il teatro lo sa fare bene, con professionalità. Il buon teatro può portare tanto a un territorio ed essere utile allo stesso e ai suoi abitanti, ma occorre sia proposto dai migliori professionisti».
Quante persone e quali attività rischiano letteralmente di saltare se dovrete lasciare il teatro entro fine 2020?
C.G.: «Le attività rischiano di saltare tutte se perdiamo il contributo regionale 2021 per la residenza: la Stagione, i corsi di formazione, le produzioni, il Festival Avamposti. La Stagione avrebbe dovuto iniziare a dicembre e, a dicembre, verrebbe interrotta: uccisa in culla, praticamente. I dipendenti e i collaboratori fissi che perdono il lavoro sono una decina, le persone coinvolte nelle produzioni – fra attori, scenografi e registi – un’altra ventina».
Cosa chiedete al Comune di Calenzano?
C.G.: «Solo una proroga di qualche mese in modo da terminare la Stagione, mentre il Comune svolge il bando e riassegna il teatro per il 2021/2022. Non c’è stata nessuna disponibilità né attenzione, neanche per i lavoratori che perderanno l’impiego. Né verso il contributo regionale già assegnato di circa 94 mila euro, del quale è defraudata anche la cittadinanza di Calenzano, che perde 94 mila euro di attività in teatro, già finanziate, per ritrovarsi con il teatro chiuso».
State ottenendo risposte dall’amministrazione cittadina e/o dalla Regione? E sostegno dalla comunità teatrale?
C.G.: «Abbiamo ricevuto un grande sostegno da tutta la comunità teatrale, oltre ogni aspettativa. Spesso si considera il teatro, come ogni ambito artistico, il luogo dell’individualismo, al contrario noi abbiamo una comunità al nostro fianco: dai colleghi delle Residenze Artistiche della Toscana, da Dacia Maraini e dalle autrici e attrici italiane fino a Isabel Allende. La giunta della Regione Toscana è stata eletta recentemente: il Presidente Giani è uomo molto attento alla cultura e si è tenuto giustamente la delega. Sono in contatto con il suo Ufficio di Gabinetto e spero in un incontro a breve – problemi pandemici permettendo. Mi aspetto attenzione, come sempre ne abbiamo avuta dall’Ente regionale».
Nel caso il Comune confermasse il bando, senza possibilità di deroghe, pensate di avere i requisiti per vincerlo? E in caso contrario, quali alternative avete, aldilà delle problematiche legate alla situazione pandemica?
C.G.: «Il Teatro delle Donne ha il massimo dei requisiti per vincere qualsiasi bando rivolto a strutture professionali. A Calenzano possiamo offrire una gestione accurata, attenta, frutto di esperienza. Abbiamo gestito, prima, altri teatri in Toscana e potremmo gestirne altri, dopo. Il problema è riuscire a non perdere il sostegno regionale che, per questo triennio, era legato al nostro progetto sul territorio di Calenzano. Se il Comune vuole semplicemente aprire il teatro alla gestione di chiunque, sul territorio, s’improvvisi attore, musicista, operatore o quant’altro, senza alcuna professionalità o esperienza, solo perché ‘calenzanese’, lasceremo che a concorrere siano gli improvvisatori. Peccato per il teatro, che conoscerà un rapido declino».
Molte donne, scrittrici e intellettuali, quali Dacia Maraini e Isabel Allende, hanno sottoscritto l’appello per un rinvio del bando che vi permetta di proseguire le attività – tra l’altro coi fondi pubblici già stanziati – fino a fine 2021 e, nel frattempo, superare l’impasse provocata dal lockdown. Ma le raccolte firme hanno ancora un peso a livello mediatico e politico?
C.G.: «Penso che la mobilitazione e la partecipazione delle persone abbia sempre senso. Oltre ai grandi nomi anche tanti cittadini di Calenzano stanno firmando l’appello. Forse i politici dovrebbero ascoltarli, anche perché dovranno, prima o poi, sottoporsi di nuovo a un confronto elettorale. E chi gestirà il teatro, privato o istituzione, se non lo vorrà fare in totale isolamento, dovrà confrontarsi con quella comunità teatrale che oggi è stretta intorno al Teatro delle Donne».
Venerdì, 6 novembre 2020
In copertina: Il Teatro Manzoni di Calenzano, sede delle attività del Teatro delle Donne (tutte le foto sono state gentilmente fornite dall’ufficio stampa)