Sergio Blanco torna al Rifredi con un racconto inedito
di Simona Maria Frigerio
Firenze, 21 ottobre, con un applauso caloroso si solleva il sipario del Teatro di Rifredi. È bello esserci e ancor più ritrovarsi. Non mancano gli spettatori, gli affezionati, i fan di Sergio Blanco e i critici, tutti riuniti per un’inaugurazione di Stagione non scontata ma che conferma la vitalità dei teatri toscani, piccoli e medi (nei giorni scorsi avevamo applaudito alla lungimiranza di Metastasio e Cantiere Florida), a fronte del silenzio dei maggiori e dell’assenza del Governo e dei Governatori su terapie intensive, posti letto dedicati, servizi sanitari territoriali, medicina di base – ossia tutto ciò che avrebbero dovuto fare per evitare nuovi lockdown, non solamente a parole.
Detto questo passiamo a L’ira di Narciso che, come sempre per i lavori di Blanco, gioca sull’autofinzione, ossia lo scartamento perturbante tra personaggio e autore, o finzione e frammento autobiografico e, contemporaneamente, sull’identificazione tra interprete, in questo caso Carmine Maringola, personaggio e autore.
E siccome di autofinzione scriveremo, lo faremo utilizzando il medesimo artificio. Anni fa una brava attrice, e cara amica, Caterina Simonelli, tentò di rifiutare la lettura scenica di un mio testo spiegandomi che lei era un’attrice, ma non per questo sapeva leggere poesie o racconti. Nonostante ciò la convinsi a provarci e il risultato fu applaudito calorosamente, non tanto per il testo in sé quanto per la sua capacità di entrare nella pelle dei due personaggi, di modellare la voce, di ritmare didascalie ed enunciati con precisione, di trasmettere l’emozione che muoveva lui – e poi lei – con eguale intensità e compartecipazione, ma anche grazie a una dizione esatta, senza sbavature, e a un timbro inconfondibile. Caterina e io abbiamo davvero vissuto quel pomeriggio? Quello scroscio di applausi si confonde nel ricordo e, forse, è mera illusione. Forse, il Narciso che mi appartiene, come scrittrice, e che si è specchiato nelle menti del pubblico di quel pomeriggio – che ha invaso e violato con quella narrazione – non è mai esistito e ha immaginato quell’applauso, intessuto coi medesimi materiali di cui son fatti i sogni…
Ecco, di questa mirabile (con)fusione si giovano i testi di Blanco, ma occorre che tra la sua penna e il corpo/voce che la traduce per il palco in carne e sangue vi sia la medesima affinità elettiva, che vi fu tra Caterina e me (o tra Blanco e Ciro Masella in Tebas Land, in programmazione sempre al Rifredi dal 23 al 31 ottobre). Per quanto Carmine Maringola possa essere bravo come interprete quando plasmato dalle mani di sua moglie, la regista Emma Dante, la lettura scenica non gli si confà e, soprattutto, l’ambiguità sfrontata, sensuale e omoerotica che respirammo ne I fiori del male o la celebrazione della violenza – interpretato dallo stesso Blanco nel 2019 a PerformAzioni Festival (https://teatro.persinsala.it/i-fiori-del-male-o-la-celebrazione-della-violenza/55320) – qui non si coglie, quasi che Maringola non possa – per pudore o incapacità a compartecipare – credere veramente in ciò che fa o dice. E se non ci crede l’interprete, come ci riuscirà il pubblico?
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro di Rifredi
via Vittorio Emanuele II, 303 – Firenze
mercoledì 21 ottobre 2020, ore 21.00
Carmine Maringola legge:
L’ira di Narciso
di Sergio Blanco
con la traduzione e la collaborazione di Angelo Savelli
musiche originali e arrangiamenti Federico Ciompi
Venerdì, 23 ottobre 2020
In copertina: L’ira di Narciso, Carmine Maringola. (Foto gentilmente fornita dall’ufficio stampa del Teatro di Rifredi, tutti i diritti riservati).