Pillole di Coronavirus
di Simona Maria Frigerio
Avevano spergiurato ‘mai più lockdown’ perché «non ce lo possiamo permettere», dichiarava il premier Conte solamente due giorni fa, ossia lo scorso 19 ottobre. E invece tutti gli italiani hanno ormai compreso che il copione di marzo si sta ripetendo, con successivi Dpcm (che si inseguono a stretto giro di posta, intervallati da contromosse ancora più restrittive del governatore regionale di turno) che chiudono a uno a uno interi settori, contando sull’italico “Io speriamo che me la cavo” o sulla logica nazista additata da Martin Niemöller (“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano…”). Ossia ognuno per sé e dio per tutti, divide et impera, e quando la barca affonda i topi scappano.
Ma aldilà del fatto – già risaputo a marzo ma ormai comprovato da oltre un milione di decessi – che il virus antropomorfizzato Covid-19 (subdolo, infido, nemico pubblico, eccetera) miete quasi esclusivamente ottantenni (e oltre) con più patologie a carico, e non le nuove generazioni – che sono il futuro della specie – cosa c’è di profondamente diverso dalla situazione che portò al lockdown di primavera, a parte i nuovi termini in voga, in una Paese che adora neologismi ed eufemismi, quali reset e coprifuoco? Tenendo anche in mente che il Covid-19 non è né la malaria, né un missile intelligente in stile Prima Guerra del Golfo che predilige attaccare e uccidere di notte (ricordate la Baghdad illuminata a giorno del 1991?).
Due fattori, in ogni caso, creano uno spartiacque tra 5 mesi fa e oggi. In primis, la possibilità di rintracciare, testare e, nel caso, mettere in quarantena i positivi, a decine di migliaia al giorno. Mentre in marzo, infatti, ci si aggirava sui 20/30.000 tamponi nelle 24 ore, che abbisognavano di giorni prima di dare un esito preciso (nonostante in Corea del Sud, ad esempio, quelli veloci esistessero già), oggi siamo giunti a 170.000 tamponi al giorno (e ne abbiamo anche di veloci con responso nel giro di 10/15 minuti), in grado di fotografare con esattezza la reale situazione di contagio – e strumento basilare per porre freno alla pandemia come sperimentato, ad esempio, in Corea del Sud o a Taiwan.
In secondo luogo, gli imprenditori privati hanno massicciamente investito, nonostante le perdite economiche dovute al lockdown, in strumenti diversi di protezione (da lastre di plexiglass a postazioni intervallate fino a mascherine, guanti, eccetera) per assicurare la salute dei lavoratori e la continuità della produzione – che non è solamente quella di oggetti di uso commerciale bensì anche di beni immateriali e persino culturali o voluttuari (dato che non di solo bombe o bottiglie di plastica si vive). E proprio nelle attività considerate ‘non essenziali’ – ma non ci stancheremo mai di scrivere che ogni attività, in quanto produce reddito per chi la fa e Pil per il Paese, è a suo modo essenziale – quali teatri e cinema, ma anche parrucchieri, musei o librerie, si è visto uno sforzo enorme di piccoli, medi e grandi per adeguare strutture e comportamenti così da evitare i contagi. E, difatti, il teatro è luogo sicuro, come da dati Agis; ma lo sono anche le attività ricreative in generale, da statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità – il 4% circa dei focolai sono stati rilevati nel settore ricreativo a fronte dell’80% in ambito familiare. E proprio questo dovrebbe farci riflettere e prendere provvedimenti conseguenti, tipo incentivare il tempo pieno scolastico per evitare che nonni e nipoti stiano insieme in questa fase; o invitare le persone a incontrarsi al bar o al ristorante, invece che a casa, così da utilizzare mezzi di protezione adeguata o il distanziamento con maggiore naturalezza (come accade in Gran Bretagna). E però i dati non si analizzano né si prendono misure conseguenti – solamente in questi giorni si sposta l’orario di entrata degli studenti delle superiori per diminuire il congestionamento dei mezzi pubblici che, probabilmente, nelle grandi città ha contribuito massicciamente al diffondersi dell’epidemia.
La politica deve rispondere dei propri errori
Di fronte, quindi, a un privato (imprenditore, commerciante, direttore di teatro o cinema) che si è fatto carico di molte spese impreviste in una congiuntura economica sfavorevole, è la politica a non aver adempiuto a quanto promesso e, oggi, se gli ospedali in alcune regioni cominciano a essere in affanno è colpa dei Governatori di Regione – e di chi avrebbe dovuto effettuare i controlli. Occorre specificarlo. Come da Tabella del Sole24Ore da cui acquisiamo alcuni dati, ci accorgiamo che solamente Friuli, Val d’Aosta e Veneto hanno realizzato i posti in terapia intensiva preventivati in primavera. La politica che chiede nuovi sacrifici agli italiani ci ha beffati, si è presa gioco di noi trastullandosi per l’intera estate in visioni marziane di schermi di plexiglass sulle spiagge, esperimenti sulla diffusione del virus in mare, appalti per banchi a rotelle e la caccia alle streghe contro i discotecari. E non si dica che il problema sarebbe il discotecaro o il ragazzo che fa la movida – altro termine entrato in voga e paragonabile a libertino/untore in questa Italietta che sembra più preoccupata per la nostra morale che per la nostra salute o il nostro sostentamento. Il giovane che, col suo comportamento, contagerebbe il nonno, è il colpevole perfetto per una nuova Colonna Infame; ma se nelle Rsa il numero dei pazienti positivi al Covid-19 sta aumentando, pare poco probabile che il ‘colpevole’ sia il diciassettenne che va a letto la domenica mattina alle 5, e si alza alle 9 per trascorrere la giornata tenendo per mano la bisnonna con l’Alzheimer, ricoverata in una Casa di cura.
Perché anche di questo occorrerebbe chiedere spiegazioni alla politica – e alla magistratura. Ossia come mai non ci si contagi in fabbrica o in biblioteca ma, ad esempio, in una Rsa a Lucca si siano scoperti 13 operatori e ben 35 positivi su 39 pazienti (fonte https://www-luccaindiretta-it.cdn.ampproject.org/v/s/www.luccaindiretta.it), mentre sono ormai decine i casi di anziani ricoverati e contagiati in Rsa tra Prato e Firenze. Ma anche in Lombardia, il 19 ottobre (fonte: Milano Today), si registravano 53 ospiti positivi su 55 nella Rsa Città di Bollate (mentre tra il personale se ne contavano 23 su 64); e, a metà ottobre, in una Rsa a Concorezzo erano 31 gli anziani (su 34) e 20 gli operatori a essere positivi.
Sarebbe interessante sapere come mai solamente le tre regioni summenzionate abbiano oggi i posti letto in terapia intensiva previsti dal Decreto 34/2020, che doveva elevare gli stessi a 14 ogni 100.000 abitanti. La tabella che riportiamo in fondo è una chiara denuncia contro l’operato dei Governatori di Regione e, facendo un po’ i calcoli, saltano all’occhio, in particolare (viste le ultime misure liberticide come la chiusura delle scuole, o il coprifuoco, imposte con ordinanza regionale), i 7,3 posti su 100.000 abitanti della regione Campania ma anche i 9,8 della Lombardia (quella dove Attilio Fontana si vantava dell’efficienza del proprio sistema sanitario e dei letti in Fiera costati oltre 17 milioni di Euro, Iva a parte).
Ma non è solo colpa loro. Bisogna ammetterlo. Di fronte alle giuste lagnanze del personale dei Pronto Soccorso, che deve perdere tempo visitando persone asintomatiche o paucisintomatiche, spaventate ma prive di informazioni e supporto, ci si chiede, come a marzo, dove siano finiti i medici generici, i quali dovrebbero essere quelli che testano, accolgono, visitano e seguono proprio questi casi. I presidi territoriali continuano a non funzionare. Ma noi ci preoccupiamo del coprifuoco – senza guerra – inutile per un virus che non è diffuso da animali notturni, ma utile a indurre angoscia e a sfiancare le resistenze e la capacità critica della popolazione. Perché?
E perché il Sindaco Sala, invece di promettere che il 50% della Pubblica Amministrazione milanese passi allo smart working, non chiede il lavoro su turni così da non creare assembramenti e disagi ulteriori ai cittadini invece di scaricare sugli stessi tutte quelle pratiche che, va da sé, torneranno a carico di computer e conoscenze burocratiche degli utenti o dei loro figli o amici? Per non parlare delle code fuori dagli uffici dell’amministrazione pubblica (i famosi assembramenti?, tipo quelli nei centri commerciali il venerdì sera se gli stessi restano chiusi nel weekend?). Se la Corte di Giustizia Europea con la sentenza nella causa C-55/18 obbligava all’uso dei cartellini, quale misura di salvaguardia del lavoratore perché non gli fossero imposti straordinari eccessivi; al contrario, quanti sono i casi in Italia di assenteismo sul lavoro soprattutto nella pubblica amministrazione? Come fidarsi, quindi, dello smart working? Ma inoltre, è corretto che un lavoratore operi da casa, su propria linea telefonica, con propri mezzi (dal computer alla scrivania), rinunciando a battaglie per sedie ergonomiche o schermi antiriflesso, e per di più senza poter assicurare né la privacy dei dati degli utenti (chiunque potrebbe leggerli sul pc in cucina) né una postazione atta allo scopo – magari in un bilocale dove si vive in quattro.
Come sempre, la narrazione mass mediatica e politica tende a occultare responsabilità e colpe, ma è ormai chiaro chi ha fatto i compiti a casa e chi no. Misure moralizzatrici o che incutono paura non servono a spaventare il Covid-19. Alla fine della lezione, quando suonerà la campanella, non dovrebbero essere i lavoratori e gli imprenditori italiani quelli mandati a casa, bensì altri.
Terapia intens. pre-Covid | Posti in più previsti decreto 34/2020 | Posti al 9/10/20 |
Abruzzo: 123 | 66 | 133 |
Basilicata: 49 | 32 | 73 |
Calabria: 146 | 134 | 152 |
Campania: 335 | 499 | 427 |
Emilia Romagna: 449 | 197 | 516 |
Friuli Venezia Giulia: 120 | 55 | 175 |
Lazio: 571 | 282 | 747 |
Liguria: 180 | 87 | 209 |
Lombardia: 861 | 585 | 983 |
Marche: 115 | 105 | 127 |
Molise: 30 | 14 | 34 |
Piemonte: 327 | 200 | 367 |
Bolzano: 37 | 40 | 55 |
Trento: 32 | 46 | 51 |
Puglia: 304 | 276 | 366 |
Sardegna: 134 | 101 | 175 |
Sicilia: 418 | 301 | 538 |
Toscana: 374 | 193 | 415 |
Umbria: 70 | 58 | 70 |
Valle d’Aosta: 10 | 10 | 20 |
Veneto: 494 | 211 | 825 |
Totale: 5.179 | 3.553 | 6.456 |
21 ottobre 2020
Cambogia, la notte di Siem Reap, dove il turismo stava rivitalizzando un’economia stremata dalla guerra. Foto di Simona Maria Frigerio (tutti i diritti riservati).