Mentre Draghi rivendica la discrezionalità in politica, il 20 e 21 settembre si gioca la partita referendaria
di Luciano Uggè
Ripubblichiamo il pezzo che scrivemmo nel 2020 circa il referendum che ha consentito la riduzione del numero dei parlamentari e consegnato agli italiani la legge con la quale si voterà il 25 settembre 2022. Addio complessità! Addio minoranze! Addio voci contro!
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Il referendum costituzionale che si sarebbe dovuto svolgere il 29 marzo scorso, si terrà il prossimo 20 e 21 settembre, in concomitanza con le elezioni amministrative. Lo stesso è un referendum confermativo e non necessita di quorum per passare.
Il quesito che sarà posto ai lettori sarà il seguente: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari’, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?”.
Mettendo la croce sul sì il numero dei parlamentari passerebbe da 630 a 400, alla Camera, e da 315 a 200 al Senato.
Le ragioni del sì
Sebbene la Riforma, proposta e fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle per ridurre le spese della politica (obiettivo che si potrebbe raggiungere tagliando gli stipendi dei parlamentari invece del loro numero), sia passata a larga maggioranza in Parlamento, attualmente i partiti paiono divisi sulla stessa. Queste le motivazioni, riportate da Fanpage.it, dei pentastellati: “Perché la riforma rende più efficienti il Parlamento? Vediamo un esempio: oggi alla Camera ci sono 14 commissioni permanenti, divise per materia e ognuna è composta da quasi 50 persone. Poi tutti i 630 deputati lavorano in Aula. Ognuno di essi è un legittimo portatore di emendamenti, istanze a volte di ordine generale a volte particolaristiche. Sono troppi! Così è difficile lavorare, il rischio di un dibattito infinito e troppo frastagliato è sempre dietro l’angolo”.
A seguire il Movimento 5 Stelle aggiunge: “Inoltre, quasi 1.000 parlamentari in totale portano inevitabilmente a una maggiore frammentazione tra svariati gruppi parlamentari, che a volte non rappresentano le principali forze politiche presenti nel Paese ma gruppetti che servono solo a organizzare la sopravvivenza sulla poltrona. Un numero più ragionevole di parlamentari obbliga invece ad avere meno gruppi politici, auspicabilmente solo quelli che corrispondono a partiti e movimenti votati dai cittadini. Per questo abbiamo proposto e approvato il disegno di legge che fa nascere una Camera da 400 eletti e un Senato da 200. È una riforma che porterà efficienza e, quindi, rafforzerà il Parlamento”.
Le ragioni del no
Le Sardine sono, al contrario, la voce più vivace contraria al Referendum, e così spiegano su Facebook la loro opposizione: “Tagliando il numero dei parlamentari, si mettono in discussione le fondamenta della democrazia parlamentare, con la sua capacità di esprimere il pluralismo e la complessità della società”, ovvero: “in un modello maggiormente orientato alla decisione che alla discussione (come quello cui stiamo andando incontro negli ultimi anni) verrà sminuito uno degli elementi imprescindibili della cosa pubblica”. E ancora: “Il problema attuale dei nostri rappresentanti non è il sovrannumero, come i populisti vogliono farci pensare, ma la qualità del dibattito e della classe dirigente”.
A seguire le quattro motivazioni per votare no al referendum. La prima: “Il parlamentare è fondamentale perché deve portare la voce dei cittadini nelle istituzioni. Con il taglio dei parlamentari verrebbe fortemente indebolito questo principio e con lui la centralità del Parlamento, e dunque del popolo, nel sistema costituzionale e democratico”. La seconda: “Riducendo i parlamentari a una voce di costo si fa un grave errore. La democrazia e la libertà non si svendono in cambio di un piatto di lenticchie. Nel nostro sistema, la libertà e la democrazia si manifestano anche e soprattutto con la rappresentanza in Parlamento. La democrazia non è economica né a buon mercato”. E aggiungono, precisando le cifre di cui si sta discutendo: “Questa riforma reazionaria porterà un risparmio in termini di impatto sulla spesa pubblica di 1,35 Euro per ogni cittadino”. La terza (che ribatte direttamente alla presunta efficienza del nuovo Parlamento, vantata dai pentastellati): “Le discussioni parlamentari sono un valore e la velocità esecutiva non è efficienza se sacrifica la rappresentanza democratica”. La quarta rammenta che la riforma elettorale che sarebbe dovuta essere approvata unitamente a quella costituzionale giace, al contrario, in Parlamento e, nel contempo, la critica entrando nel merito della stessa: “Chi ci dice che con un proporzionale puro con sbarramento al 5% tutto si sistemerà, mente. Mente perché la legge elettorale è una norma ordinaria e non sarà inserita nel testo referendario: le leggi elettorali in Italia passano più o meno come i governi se pensiamo che dagli anni 90 abbiamo visto susseguirsi ben tre leggi elettorali. La Costituzione resta”.
31 agosto 2020
In copertina: immagine di Mohamed Hassan da Pixabay.