Pillole di coronavirus
di Simona Maria Frigerio
Apparirà strano a un visitatore da Marte come siano cambiati i costumi degli italiani nel giro di cinque settimane. E ci si può scommettere che lo stesso alieno non riuscirà a raccapezzarsi tra le tante, contrastanti direttive politiche, che hanno portato l’italiano medio a piroettare sulla propria poltrona, fino a mordersi la coda e persino la lingua.
Quella poltrona che, fino a poche settimane fa, era vista con sguardo arcigno da dietologi e medici perché ci avrebbe condotti a morta certa e che, al contrario, oggi possiamo coltivare in panciolle, sicuri che siano meglio diabete e obesità dall’arrischiarci a mettere un piedino fuori di casa per un po’ di sano esercizio. E anzi, se vogliamo guardarci allo specchio con maggiore indulgenza potremo goderci tutte le puntate su Real Time del dottor Nowzaradan, che taglia e cuce lo stomaco di esseri umani che sfiorano i 300 chili di peso.
La tivù, altra minaccia alla nostra salute, può finalmente essere coltivata come passione non più proibita da dietologi e intellettuali, ma come esempio massimo del nostro senso civico. Ovviamente, passare ore a ingurgitare patatine e popcorn alla statunitense, sarà condito con altrettante ore di terrorismo mediatico che ci impanicheranno ulteriormente e, mentre il nostro cervello andrà in acqua come quello di un idrocefalo, potrebbe sorgerci il dubbio che la tivù più che un mezzo per istruirci, divertirci o aprirci la mente sia un’ulteriore catena che ci lega alla mediocrità imperante – ma bisogna pur fare qualche sacrificio per salvarci dall’orribile sole che batte aldilà dei nostri vetri e dagli allettanti profumi della primavera.
Per allontanarci da simili tentazioni nefaste, che un tempo ci avrebbero fornito vitamina D e un sistema immunitario sano e forte (ormai un miraggio che i medici sembrano aver dimenticato e gli immunologi volerlo sostituire col vaccino contro la morte), ecco che ci soccorre la pletora di programmi sulla cucina. Un must delle televisioni satellitari, poi passate al digitale terrestre. Le montagne di zuccheri, additati fino a poche settimane fa come causa di tutti i nostri mali, ora sono la panacea per assopire la frustrazione di milioni di persone murate in casa. Ecco che l’intera famiglia, fino a ieri abituata a cibi precotti e forno a microonde, si risveglia con l’istinto culinario della nonna (magari contattata via Skype per qualche suggerimento, fatto salvo che non tanti nonni hanno il pc e ancora meno sanno utilizzarlo). E via a sfornare torte glassate e biscotti burrosi, cotechini unti e valanghe di melassa – nei cibi come nei volti delle pubblicità. Fatto salvo che poi si frigga anche il bastoncino surgelato come ai bei vecchi tempi, quando si andava a scuola e a lavorare.
In questo idilliaco paradiso del “dolce” far nulla, però, lo Stato ci rammenta in meme martellanti – talmente poco recepiti che le persone vanno bellamente in giro con mascherine sporche e s’infilano i guanti uscendo di casa per non toglierseli più – che dobbiamo anche fare esercizio (come se vivessimo tutti nella villa di Amadeus o Fiorello) e non tenendo conto che, magari, non abbiamo nemmeno lo spazio, per non dire gli attrezzi (dal tappetino ai pesi), tra il tavolo di cucina e il divano-letto dei bambini. E così è difficile per il comune operaio o impiegato o teatrante precario trascorrere ore pedalando sulla cyclette o correndo sulla pedana, sudando in una sauna svedese o magari nuotando in una bella piscina privata – insomma, tutte quelle piccole comodità che ci permetterebbero di mantenerci in forma.
Molti di noi, degli ordini teutonici dei meme possono seguire pedissequamente solo la seconda parte, ossia tenere pulita la casa. Anche se, pure questa incombenza non è facile, dato che le discariche sono chiuse e le città (almeno Lucca tra queste) si stanno riempiendo di scarpe e abiti vecchi, mobilio sberciato, elettrodomestici arrugginiti, batterie d’auto e sacchetti traboccanti liquami. Per buona pace dei topi che, come si sa, abbondano in ogni pestilenza.
Ma la vita del murato in casa, al marziano, parrà ancora più strana quando si accorgerà che, sebbene lo Stato lo ami così tanto da trasformarlo in un obeso, iperglicemico, ansioso e con scatti violenti (dato che la cattività non rende mansueti nemmeno i cani), non può esimersi da lasciargli coltivare anche qualche sano interesse. Non la lettura (in Toscana, siamo ancora nella fase che le librerie devono essere igienizzate, come se il coronavirus potesse sopravvivere negli ambienti 5 settimane), bensì il tabagismo. Sia mai che in tutta questa pletora di misure per indebolire il nostro corpo e la nostra mente, non si concedesse all’italiano in via di ammalarsi anche una sana sigarettina – quella che si concedeva anche al pazzo in manicomio, sempre in cerca di una cicca.
Ma il meglio deve ancora venire. I bambini, che si vivono il coronavirus come un raffreddore o poco più – insieme agli adulti e anche a gran parte degli anziani senza quelle patologie come diabete, ipertensione e malattie cardiache, che sono favorite dalla vita sedentaria e dall’eccessiva alimentazione, secondo statistiche – sono i più puniti da questo Governo che ci ama così tanto. Perché? Perché, come nella peste manzoniana, sono gli untori. Quelli che, preso il virus, lo distribuirebbero ai loro nonni, uccidendoli. Nulla vale a convincere questo Governo così teso al nostro benessere che bambini maestri e professori, chiusi in casa ormai da settimane, sono sani come pesci e se uno tra loro si ammala sarà perché papà o mamma, nel frattempo, continua a lavorare in un’azienda considerata essenziale (che non è una, bensì sono centinaia di migliaia e sparse in ogni regione).
Ma lo Stato, come un dio minore, vede più in là delle nostre povere menti razionali. E, come nel caso di Assange, la Svezia ama talmente le sue donne che un rapporto consensuale senza preservativo diventa stupro, anche in Italia lo Stato non ha fiducia nel nostro giudizio e deve prendere in mano lui, come entità suprema, la nostra capacità di comprendere, vagliare e comportarci secondo il vituperato libero arbitrio.
A questo punto pensiamo che il nostro marziano sarà risalito sulla sua navicella per ripartire alla volta di un altro pianeta – anche perché il decreto sui migranti lo avverte che i nostri porti al momento non sono sicuri, se mai lo furono; e gli aeroporti non sono aperti a precise nazionalità, e non sappiamo se quella marziana vi sia inclusa.
25 marzo, 2020
In copertina: Foto di PhotoVision da Pixabay.