La danza protagonista con la Compagnia Sertom e Marco Chenevier
di Luciano Uggè
Arezzo, venerdì 5 ottobre è all’insegna dell’arte coreutica grazie a un approfondimento sul tema, presso il chiostro del Teatro Pietro Aretino, e a due spettacoli – Passenger, il coraggio di stare e Quintetto.
Pomeriggio d’incontri per la terza giornata del Festival dello Spettatore. Prima del focus sulla danza, presso la Libreria Feltrinelli partecipiamo a una riflessione sul passato – con uno sguardo sul futuro che parrebbe, peraltro, poco roseo – delle residenze in Toscana. Mediatori, operatori e rappresentanti delle istituzioni evidenziano l’importanza di creare una rete tra chi si occupa, di mestiere, dell’argomento, che ne consolidi la presenza. Si discute, inoltre, grazie all’intervento di Alessandra Stanghini, del contenuto del Protocollo d’intesa tra il Miur (il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e la Federazione Italiana Teatro Amatori, che potrebbe condurre al dirottamente di finanziamenti pubblici per la formazione teatrale in ambito scolastico verso associazioni amatoriali – in una logica che sarebbe tutta a discapito della professionalità.
Dopo la presentazione del libro Il teatro sulla via Francigena di Simone Pacini (presente l’autore), il chiostro del Teatro Pietro Aretino si riempie di giovani in attesa del focus della giornata, Percepire la danza. Incontro di avvicinamento alla danza contemporanea. Diverse le esperienze messe in campo, da quelle dirette di coreografi e danzatori, alle considerazioni di critici esperti del settore, fino alla testimonianza di un accademico, Alessandro Pontremoli, che ha studiato gli effetti della danza – accademica e non – sul cervello, grazie all’uso della risonanza magnetica. Pontremoli evidenzia, in particolare, i risultati ottenuti di fronte a stili o generi diversi di danza, proposti alle ʻcavie’ in clip di tre secondi ognuna – i generi prescelti variando da quella classica (o accademica) a quella contemporanea (che però si rifà a passi, movimenti e uso del corpo e dello spazio di matrice accademica) fino a quella libera da qualsivoglia vincolo. I soggetti dell’esperimento senza un passato come danzatori sembra che abbiano reagito, da un punto di vista cerebrale/emozionale, solo al primo tipo; viceversa, danzatori e danzatrici hanno risposto a tutti i generi di performance. Un risultato che suscita interesse tra il folto pubblico presente come l’invito a fare danza – anche in maniera non professionale – oltre che a vederla.
In prima serata, sempre al Teatro Pietro Aretino, va in scena la performance scelta dai Visionari di Sosta Palmizi. Il lavoro, firmato dalla Compagnia Sertom, s’intitola Passenger, il coraggio di stare. Di fronte a noi suggestioni di viaggi nello spazio e nel tempo – in parte facilmente riconoscibili e ascrivibili ad attività o esercizi che partengono anche alla nostra vita quotidiana. Interessante l’uso della bandiera che, da strumento che ascrive e condiziona i movimenti dei danzatori sul palcoscenico, si trasforma in puro suono.
A conclusione dell’intensa giornata, Marco Chenevier – con Quintetto – si e ci interroga sulla possibilità di sopravvivenza per questa forma performativa, ossia la danza. Nocciolo concettuale per la costruzione dello spettacolo, i tagli alla ricerca e la mancata sovvenzione che ha riguardato, a suo tempo, la Fondazione di Rita Levi Montalcini ma anche il mondo della danza, impedendo alla Compagnia di Chenevier di continuare a rappresentare Montalcini Tanz. In effetti, i tagli operati dagli Enti pubblici – Stato e regioni – e la conseguente riduzione dei salari dei danzatori, rischia di portare – come in parte già avviene – alla scarnificazione di ogni forma spettacolare fino all’assolo (o al monologo) o a dover utilizzare il pubblico al posto dei professionisti. Il concetto, di grande complessità e importanza, è spiegato agli spettatori con una buona dose ironia dallo stesso Chenevier, il quale – di fronte alla richiesta spontanea del pubblico di proseguire – tenta la costruzione di uno spettacolo frutto di un’apparente casualità, e dell’improvvisazione, ma la cui riuscita finale dimostrerà il sapiente lavoro preparatorio, artigianale, fatto a monte dallo stesso Chenevier. Alcune persone scelte a caso tra il pubblico salgono sul palcoscenico per aiutare l’artista con le luci, a scegliere le musiche e partecipano alle coreografie (e da subito si materializza la maggiore difficoltà per gli spettatori maschi di partecipare all’esperienza). La mimica di Chenevier unita alle ovvie difficoltà del pubblico nel mixare le luci generano gag esilaranti. Titubanze e reticenze sono presto vinte e, alla fine, il gusto di partecipare con la propria sensibilità prende il sopravvento. Un momento di vera compartecipazione si stabilisce sul e di fronte al palco fino a quel finale che si vorrebbe impeccabile – a costo di ripeterlo più volte.
Un momento di coralità – come è sempre più difficile vederne – con esiti quasi liberatori sia nei partecipanti sia nel pubblico rimasto seduto in sala. Al termine uno scroscio di applausi, convinti, e in tutti la certezza che il teatro può e deve essere anche questo: un modo per esplorare strade nuove, per fare sorridere con intelligenza anche affrontando tematiche importanti, come quella dei mancati investimenti alla scienza e alla cultura – tutt’altro che irrilevanti per la vita e il futuro di tutti noi.
Pubblicato (con modifiche) su Artalks.net, l’8 ottobre 2018
In copertina: Quintetto, foto di Alex Brenner (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Festival).