Animali notturni o primitivi?
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Al Cantiere Florida di Firenze arriva Roberto Castello con In Girum Imus Nocte et Consumimur Igni. E la notte si accende.
Sfuggevole come l’oggetto del suo titolo (chi gira in tondo nella notte e viene consumato dal fuoco? Le falene o le torce?), la performance firmata da Roberto Castello mette in scena personaggi notturni, al confine tra esseri primordiali – che si fanno largo all’alba dell’umanità – e animali gaudenti, che mandano in fumo le loro esistenze in una parossistica ricerca del piacere, nelle follie di una gioventù bruciata.
Una serie di brevi quadri, a tratti vicini alle inquadrature filmiche, che possono rimandare sia al lento progredire della civiltà, con visioni metaforiche della rincorsa verso il successo, gli atti di sopraffazione, la prevaricazione per il potere, la formazione di clan e l’esclusione dei singoli, ma anche la possibilità di condivisione – di uno spazio, un tempo e un’esperienza comune. Oppure evocare la Milano da bere, lo struscio nelle vie della moda, il degrado delle periferie, i pestaggi o gli stupri, i litigi da ubriachi, i momenti goliardici da Italia Uno, il sesso come unica possibilità d’incontro tra corpi separati.
I rimandi cinematografici non si esauriscono con i tagli di luce, anche alcuni movimenti, come quello delle mani, rivelano assonanze con quella gestualità da vampiro degli albori del cinema, quando le inquadrature in diagonale e i bianchi e neri espressionisti di Murnau rendevano Nosferatu una figura inconscia insieme cupa e perturbante.
La scenografia è sostituita dal gioco di luci e dalle videoproiezioni che dialogano con i performer, attualizzando l’idea di Gordon Craig di una scenografia mobile e allusiva, quasi emozionale, protagonista essa stessa dello spettacolo teatrale.
Il succedersi dei quadri, in un continuum di climax e anticlimax, si galvanizza nel finale. Gli ultimi dieci minuti si caricano di una tensione crescente, sottolineata da una musica che sembra farsi vieppiù sincopata, fino al momento di stallo, quasi catartico, in cui il respiro torna a quella quiete propria dell’alba, umana e primordiale.
Pubblicato su Artalks.net, il 16 dicembre 2016
In copertina: Foto gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro Cantiere Florida.