Quello che non ho
di Simona Maria Frigerio
Alla Tenuta dello Scompiglio prosegue Assemblaggi Provvisori. Un’avventura nei generi, non solamente a livello ideologico e filosofico, ma anche artistico. E, questa volta, è Roberto Castello ad accendere i riflettori sulla questione del maschile.
“Quello che non ho una camicia bianca / quello che non ho un segreto in banca / quello che non ho sono le tue pistole / per conquistarmi il cielo per guadagnarmi il sole”. Così cantava Fabrizio De André. Un testo che contestava l’idea del maschile singolare, bianco (di etnia e di colletto), occidentale, liberista, capitalista, guerrafondaio, avido e vincente. Un modo di essere che ha trovato infinite declinazioni, dal WASP a stelle e strisce (White Anglo-Saxon Protestant, bianco di origine anglosassone e di religione protestante) al buon padre di famiglia all’italiana, che proteggendo soffoca e opprimendo guida. Uno standard, come indica Castello, un modello al quale conformarsi o dal quale rifuggire; nel primo caso, annientando una personalità e ambizioni forse diverse; nel secondo, pagando con l’emarginazione il proprio bisogno di alterità.
E le donne? In questo mondo di maschi Alfa, cosa resta alle donne? Il ruolo subalterno di angelo del focolare; quello di “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna” (ben esemplificato nella godibilissima pantomima iniziale con arguto monologo interpretato da Mariano Nieddu); di femmina perfetta nel reggiseno a balconcino (o a veranda?) che si sente sempre sicura perché usa l’assorbente giusto, desiderabile non perché desiderante ma in quanto oggetto di desiderio (una Francesca Zaccaria decisamente in parte); o di maschio mancato che, quando arriva al potere, non solo lo esercita con la stessa veemenza di un maschio arrogante (dalla Thatcher alla Merkel) ma persino con un pizzico di odio verso noi donne che continuiamo a batterci per la differenza di genere, perché un altro mondo sia ancora possibile.
Per raccontare questo universo, Castello e il suo gruppo di attori, danzatori, rumoristi, cantanti e mimi, travalicano ogni genere inserendo una scelta stilistica forte e, a volte, spiazzante per lo stesso spettatore, all’interno di un discorso poetico sui labili confini di genere, in senso di appartenenza e distanza. Forma e sostanza si sposano perfettamente, giustificandosi persino nelle dissonanze.
Cast eccellente, nel quale Alessandra Moretti, nel ruolo della compagna che avrebbe qualcosa da dire ma, ovviamente, alle spalle del demiurgo può solo ribollire fra sé, offre un’immagine cult di tutto quello che le donne non dicono: “e non andiamo via / ma nascondiamo del dolore / che scivola, lo sentiremo poi, / abbiamo troppa fantasia, e se diciamo una bugia / è una mancata verità che prima o poi succederà” (Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone – cantata da Fiorella Mannoia).
Pubblicato su Artalks.net, il 5 dicembre 2016
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay.