Non ci resta che piangere
di Luciano Uggè
Al Nieri di Ponte a Moriano va in scena un’esilarante performance, firmata e interpretata da Roberto Castello e Andrea Cosentino.
Ieri sera abbiamo assistito a uno spettacolo che, come si suol dire, mette i piedi nel piatto. Trattando dei sistemi di produzione industriale e dei relativi costi; della commercializzazione dei prodotti con i diversi sistemi distributivi; della creazione dei bisogni indotti; e delle presunte regole matematiche che renderebbero l’economia una scienza esatta (salvo poi il fatto che a ogni errore di valutazione siano sempre gli stessi a pagarne lo scotto).
Nella prima parte, un esilarante dialogo giocato sulla Ted Conference mostra come una disamina accurata dei costi di produzione e dei benefici dell’utilizzo non porti a un prezzo equo del prodotto. Perché quello che conta veramente è creare la necessità del possesso dello status symbol e il bisogno di partecipare alla corsa al consumo per sentirsi parte di questa società votata all’usa e getta, all’avere piuttosto che all’essere. E a dirigere il tutto quell’esiguo numero di persone che continuano a divaricare la forbice tra ricchi e poveri, che hanno esponenzialmente aumentato il prezzo dell’inutilità grazie a un valore aggiunto determinato dall’immagine e dalle campagne pubblicitarie, anziché dalla ricerca e dall’innovazione.
In scena, Castello e Cosentino non risparmiano nessuno. Utilizzando i diversi mezzi teatrali, dalla danza alla parodia, dal cabaret alla pantomima, mettono alla berlina le onnipresenti conduttrici tv in versione imbonitore da fiera paesana, che prestano la loro immagine per propugnare verità adatte a tutte le stagioni; su su, fino a quegli intellettuali elitari, quei maître à penser dell’arte e del teatro, che torturano gli animali per denunciare lo squallore umano (leggi Jan Fabre), o che si crogiolano in scenografie barocche pagate con i soldi dei contribuenti per denunciare le storture del sistema bancario e capitalistico (leggi Luca Ronconi).
Dura la riflessione sullo stato del teatro in Italia e sul mondo che lo circonda, ossia quello della critica che, privata di mezzi e di unghie, impallidisce di fronte alla libertà di giudizio e si prostituisce spesso per qualche mica alla tavola dei potenti.
Si ride, e molto, ma i pensieri seri accompagnano lo spettatore a lungo, anche fuori dal teatro.
Pubblicato (con minime modifiche) su Artalks.net, il 13 dicembre 2015
In copertina: Andrea Cosentino in scena. Foto di Ilaria Scarpa (gentilmente fornita da Aldes).