Grande teatro/teatro grande
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Al Mauro Bolognini debutta la versione integrale de I 4 Moschettieri in America firmato I Sacchi di Sabbia. La magia del teatro si fa incanto.
Gusto d’antan sulle tavole del palcoscenico, quello che si è respirato domenica pomeriggio a Pistoia. Come ai tempi in cui per pubblicizzare una marca di pennelli il simpatico imbianchino capiva che non ci vuole un pennello grande, bensì un grande pennello.
Ma la tradizione teatrale italiana si è costruita sui mattatori, sui geni estro o introversi, sulle macchine roboanti, sulle tirate e la recitazione enfatica. Gli spettacoli pensati in sottrazione; le interpretazioni di artisti che sanno essere personaggi e, in un battito di ciglia, trasformarsi in funzioni; le scenografie e i costumi creati con materiali poveri (nel senso alto del termine, quello nobilitato da generazioni di figurativi) sono pochi. Eppure, quando si assiste a uno di questi gioiellini della fantasia, la sensazione è di ritrovarsi nei panni di Alice, pronti per avventurarsi nel fantastico mondo de I 4 Moschettieri di Dumas, calati però nella New York del gangsterismo anni 30.
Lo spettacolo de I Sacchi di Sabbia è un cortocircuito emozionale che cattura i bambini e lascia stupiti gli adulti. Perché l’uso dei libri pop up, la presenza dell’illustratore in scena (un talentuoso e autoironico Guido Bartoli), gli accenti macchiettistici, le canzoni per nulla sdolcinate, la trama esilarante, il teatro d’ombre e la compresenza di più piani di lettura rendono l’intero spettacolo fruibile a tutte le generazioni in platea. Dai bambini che si lasciano catturare dalla magia della giocosità teatrale, agli adulti che riscoprono un’infanzia perduta mentre ridono agli ammiccamenti più sottili, alle parodie di personaggi (Marlene Dietrich, ad esempio) o situazioni che rimandano all’immaginario filmico del gangster movie.
In un’epoca ormai avvezza ai videogiochi, dove il gusto si fonda sulla perfezione levigata e plastica del 3D, riscoprire la bellezza di un pop up di cartone, la mirabilia di una New York bidimensionale in bianco e nero, di quei tratti che Bartoli traccia su un foglio facendo apparire un’intera città dal foglio bianco, è la riscoperta di un’estetica profondamente legata a un’etica della semplicità, a un mŏdus di intendere il teatro come necessità che aguzza l’ingegno – tutte caratteristiche proprie de I Sacchi di Sabbia.
E così, la trama si srotola mentre il Moschettiere Giovanni Guerrieri e le altrettanto brave Giulia Gallo e Giulia Solano si districano tra mille avventure insieme fantastiche e comiche, mirabolanti e parodiche, per un’ora di spettacolo che ha una sola pecca: durare troppo poco.
Pubblicato su Artalks.net, il 30 novembre 2015
In copertina: Porthos. Foto di Julia Casado da Pixabay.